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martedì 1 aprile 2008

Il lampo / Pascoli Giovanni

Il lampo

E cielo e terra si mostrò qual era:
la terra ansante, livida, in sussulto;
il cielo ingombro, tragico, disfatto:
bianca bianca nel tragico tumulto
una casa apparì sparì d'un tratto;
come un occhio, che, largo esterefatto,
s'aprì si chiuse, nella notte nera.


ANALISI E COMMENTO
In questa poesia Pascoli parla di un lampo che rompe il silenzio e la notte con una luce violenta tale che mette a nudo la vera realtà del mondo: la sua tragicità e il caos che la contraddistingue.
La sua stessa casa è scossa dalla forza del lampo e, agli occhi del Pascoli, perde almeno in parte la sicurezza e il senso di protezione che aveva fino ad un momento prima anche se rimane connotata positivamente dal colore bianco in antitesi con il nero circostante.
Ed in questa situazione d’angoscia e paura Pascoli sente la sua vita in bilico tra il voler restare in un “nido” ormai distrutto e l’affrontare una vita piena d’inganni.

In questa poesia viene descritta la casa attraverso il colore bianco, per segnarne l'aspetto positivo come rifugio di fronte al temporale. Alla casa e al colore bianco che la differenzia, si contrappone il nero della notte con sensazioni opposte di paura e angoscia. La descrizione della casa accerchiata dal nero della notte durante un temporale con le sensazioni di paura e di terrore che gli vanno dietro, si trova anche nel "Temporale” sempre dello stesso autore.
La natura confusa dal temporale, il lampo illumina la notte, scoprendo cielo e terra, mostrando d'un tratto una casa nel buio. Viene messo in evidenza l'effetto visivo del lampo, come un'improvvisa apparizione della percezione illusoria e dell'angoscia e la percezione del dolore.
All'inizio della poesia, cielo e terra compaiono legati, ma nel secondo verso, tra di loro si avverte una rottura.
La casa è un posto sicuro, racchiuso in un momento di stabilità nello sconvolgimento della natura e del paesaggio. Esso è breve, in quanto dura solo per un istante e poi sparisce nell'oscurità. Essa viene paragonata ad un occhio che si apre e si chiude per ricevere una tragica realtà, e mostra lo stupore ed il timore per la natura
I tre aggettivi, presenti nei versi due e tre, sono la proiezione dello stato d'animo dell'autore. Questi aggettivi danno vita ad un climax ascendente che conferisce alla realtà un clima più umano e sconvolto: tormentato, triste.
In questa poesia domina il senso visivo; le altre immagini sono utilizzate per dare una rappresentazione umana e psicologica della natura.

venerdì 21 marzo 2008

Versi Pasquali di Giovanni Pascoli


GESU'
E Gesù rivedeva, oltre il Giordano,
campagne sotto il mietitor rimorte,
il suo giorno non molto era lontano.
E stettero le donne in sulle porte
delle case, dicendo: Ave, Profeta!
Egli pensava al giorno di sua morte.
Egli si assise, all'ombra d'una mèta
di grano, e disse: Se non è chi celi
sotterra il seme, non sarà chi mieta.
Egli parlava di granai ne' Cieli:
e voi, fanciulli, intorno lui correste
con nelle teste brune aridi steli.
Egli stringeva al seno quelle teste
brune; e Cefa parlò: Se costì siedi,
temo per l'inconsutile tua veste;
Egli abbracciava i suoi piccoli eredi:
-Il figlio_ Giuda bisbigliò veloce-
d'un ladro, o Rabbi, t'è costì tra 'piedi:
Barabba ha nome il padre suo, che in croce
morirà.- Ma il Profeta, alzando gli occhi
-No-, mormorò con l'ombra nella voce,
e prese il bimbo sopra i suoi ginocchi.

Giovanni Pascoli

lunedì 3 dicembre 2007

Le donne di Pascoli

Nella fotografia, una rara immagine del Pascoli degli anni universitari.giovanni pascoli
Giovanni Pascoli non si poteva definire un bell'uomo. Ma il poeta non aveva neppure un aspetto disprezzabile. Specialmente da giovane, quando era studente a Bologna. Le immagini di allora lo mostrano infatti con il volto un po' asciutto e dai lineamenti marcati, baffi e capelli scuri, sguardo acuto e profondo. Un uomo, insomma, che poteva piacere, come tanti altri. E , sempre come tanti altri, non ignorava le donne. Era però impacciato di fronte a loro. Lo bloccava una istintiva timidezza. Ma all'occorrenza, senza essere spavaldo, riusciva a vivere la sua storia sentimentale pur tra molti tormenti. A Pascoli non piacevano i brevi amori. Invece dell'avventura, desiderava, sognava di trovare la donna della sua vita. Cercava una moglie "giovane, alle­gra, canterina, volenterosa e volitiva". Un primo pensierino sulla sua donna Giovanni Pascoli l'aveva fin da giovanissi­mo; a dodici anni nel momento certamente più drammatico della sua vita, nel 1867, l'anno in cui il padre, Ruggero, amministratore dei Torlonia, era stato ucciso da ignoti il lO agosto. Una tragedia che di li a poco avrebbe portato alla tomba anche la sorella più grande e poi la madre: Caterina Allocatelli Vincenzi.
Ebbene, proprio allora quando "finì tutta una fiorente fami­glia", Pascoli conosce una ragazza. E' la figlia del falegname di San Mauro di Romagna che ospita in casa il futuro poeta con la madre, i fratelli e le sorelle dopo l'atroce delit­to. Ma bastano soltanto pochi giorni, perché Zvani' - così lo chiamano in famiglia- s'innamorò della giovanissima Erminia Tognacci. Lei è troppo graziosa, è troppo deli­ziosamente bionda perché non gli faccia battere il cuore. E' insieme con lei, immagina, che potrà costruire il suo avveni­re. Non si sa se il giovane Pascoli si fosse 'dichiarato'. Probabilmènte no: per timidezza o perché la ragazza era ancora poco più d'una bambina. Ma un'intesa fatta di sguar­di, di parole non dette doveva esserci stata. Comunque, non c'era fretta. Tutto sarebbe potuto avvenire qualche anno dopo, pensava il futuro poeta. E con questo sentimento nel cuore era andato a studiare a Urbino nel collegio Raffaello tenuto dagli Scolopi, poi a Roma, a Firenze e infine all'università di Bologna, allievo di Carducci,con una borsa di studio
Erminia Tognacci, che ormai faceva la tessitrice,continuava sempre ad essere l'amore segreto di Pascoli.Intorno a lei, il poeta costruiva sogni di vita familiare,tutto il suo mondo sentimentale.Fu dunque un tremendo colpo per lui l'atroce notizia che lo raggiunse a Bologna nel 1878: la bellissima bionda di San Mauro era improvvisamente morta a soli 17 anni. Un fatele incidente stradale mentre con il padre in calesse si recava a Rimini, le aveva stroncato la vita."Forse Giovannino non venne a conoscere subito la verità"osservò uno studioso dell'epoca,fino a quando seppe la verità dalla sua famiglia. Erano trascorsi cinque anni dalla scomparsa di Erminia, aveva appena cominciato a insegnare al liceo di Matera, quando il 14 novembre 1883 scriveva all'amico in Marcovigi "Spero d'avere un gruzzoletto per quando tornerò. Poi prenderò moglie.Fammi il piacere di trovarmela, tu che hai molto tempo e molte conoscenze". Però nei due anni che seguirono sembra che un po' più di tempo lo trovasse e che qualche conoscenza la facesse. Pascoli diven­ne sempre più reticente, segreto. E questo suo atteggiamento fece lievitare alcuni pettegolezzi. Si sussurrava che il suo cuore palpitasse per la vedova dell'eterno amico Severino Ferrari. C'era chi sosteneva che corteggiasse la giovanissi­ma cognata del fratello Raffaele. Altri parlavano di una fan­ciulla riminese che gli avrebbe fatto girare la testa. Ma resta­rono tutte voci, soltanto voci. Il poeta cominciò a tornare allo scoperto nel 1885 offrendo forse una nuova traccia dei suoi amori nei versi de La Tessitrice (@, L'amorosa giorna­ta. Non ci furono invece dubbi su quanto accadde al poeta nel 1890. Pascoli, allora trentacinquenne, si era trasferito a Livorno per insegnare nel liceo classico. E fu durante quel periodo che si trovò al centro di un amore appassionato, intenso, praticamente l'unico di cui si possa avere l'assoluta certezza. Galeotta fu la scuola. Proprio di fronte al liceo abi­tava una ragazza graziosa e giovanissima. Si chiamava Lia Bianchi. Figlia di un maestro di musica, aveva subito mostra­to di gradire le attenzioni di Pascoli, innamorato di lei fin dal primo momento che l'aveva vista. Ma quel sentimento sbocciato così improvviso non solo trasformava il poeta, ma anche tutti i suoi amici livornesi. E il perché era semplice: la differenza di età .Lia Bianchi aveva appena quindici anni. "Sono vecchio e lei è quasi una bimba. . .", confidava il poeta ad un collega del liceo livornese." Vent' anni tramezzo son molti; tutti me lo fan capire. Ma al cuore,tu sai, non si coman­da". E nel nome di questo amore sopportava i pettegolezzi della gente e anche le fastidiose beffe dei suoi studenti. Ormai per Giovanni Pascoli non sembrava che esserci Lia. E siccome lei dimostrava di gradire sempre pcasa di pascoli asilo nido le rondiniiù la sua corte il poeta cominciò a pensare al matrimonio. Doveva aver otte­nuto il consenso del padre della ragazza se a un certo punto andò a Firenze e si recò con un amico da un orefice per ordi­nar~ l'anello nuziale. Tutto pareva dunque pronto per le nozze, quando, all'improvviso, non se ne fece più nulla E l'amico fiorentino ricevette l'incarico di andare a disdire l'a­nello. Perchè questo colpo di scena? Che Cos'era accaduto? Lia si era rifiutata di sposarlo? Al poeta era mancato il coraggio? E' la contraddizione di Giovanni Pascoli. Mentre da una parte esiste in lui un grande bisogno d'amore (un giorno aveva confidato:- "Se non avessi amato non sarei quello che sono"), mentre è grande il desiderio della paternità, dall'altra non riesce mai a compiere il passo del matrimonio. Sui motivi sono circolate molte spiegazioni. Alcune, anche un po' pic­canti. Si è pure sussurrato che Pascoli fosse frigido, impotente, oppure che fosse mor­bosamente sensuale, ovvero che trovasse soltanto in ambigue manifestazioni lo sfogo della sua sessualità. C 'è poi chi ha sostenuto che si era votato alla castità per sod­disfare un' altra aspirazione spirituale chi o chi ha voluto vedere nelle sue improvvise fughe davanti al matrimonio l'atteggiamento di un uomo che non riusciva mai a trovare in una donna quella che giudicava la qualità principale: la
fedeltà.

A caccia di profitti

Considerando che il "buono" se lo prende la SAMSO, l'appaltatore cerca di rifilarci il bonus facciate, e via....alle votazioni...