mercoledì 30 dicembre 2009

Mi hanno rubato il Natale di Marcello Veneziani

Salve, sono Mohamed Venez-Janiì, bambino musulmano di anni dieci. Stamattina ero contento di andare a scuola perché dovevamo andare a vedere il presepe e a festeggiare con i canti di Natale. Invece stamattina la maestra ha detto che per rispetto nei miei confronti si resta in classe e non si festeggia Natale. Gesù Bambino è troppo offensivo per noi islamici, ha detto, la Madonna vergine, devota e madre, è un insulto ai diritti delle donne, i Re Magi sono tre offese alla Costituzione repubblicana, gli Angeli sono una presa in giro dei trans, il bue e l’asinello sono un’offesa ai diritti degli animali ridotti a termosifoni della grotta, e il panettone è un insulto consumista alla fame nel mondo. Ma il Natale tutto, ha detto, mortifica quelli come me, che non sono cristiani, ci offende e ci prende pure in giro perché ci riduce nel presepe a beduini, pastori e cammellieri. Ma la maestra non sa che per noi islamici beduini non è un’offesa, e nemmeno pastori e cammellieri. Mio zio è cammelliere e ha pure le capre e io da grande volevo fare il beduino. Comunque Natale non si festeggia per rispetto mio. La maestra della classe accanto, più furba, ha trasformato il Natale in festa della luce: io non lo so, perché vengo da lontano, ma forse a Natale si festeggia la santa natività dell’Enel. La maestra del piano di sotto, invece, non ha fatto festeggiare e ha spogliato l’albero di tutte le palle luminose perché quattro ladri hanno rubato l’insegna ad Auschwitz; ma non ho capito che c’entra con Gesù Bambino.
Non vi dico la rabbia che mi ha preso quando ci ha detto che non si andava più a cantare «Tu scendi dalle stelle» e non si mangiava più il panettone per rispetto di noi islamici. E non solo mi sono arrabbiato perché ci hanno tolto una bella mattinata di festeggiamenti, ma questa cosa che non si festeggia perché ci sono io musulmano mi ha fatto odiare per la prima volta da tutti i miei compagni di classe perché hanno capito che a causa mia e della mia famiglia non si festeggia Natale e non si canta ma si interroga e si fanno i compiti. Mi hanno preso per uno che piange e si arrabbia se gli altri festeggiano, non ama il Bambinello e detesta la Madonna come il Panettone. Dicono che vengo dalla Rabbia saudita. Non mi invitano più alle feste perché pensano che io sono contrario e gliela tiro. Vedono me, mia madre Fatima e mio padre Alì, come guastafeste e anche un poco terroristi. E invece non è vero: a me piace Natale e a casa mia di solito a Natale si mangia l’Agnellone perché pure per noi è una mezza festa, mi è simpatico il Bambinello, la gente intorno al presepe è tutta delle parti mie, non c’è nemmeno un personaggio padano o inglese. Tutti mediorientali come me. Salvo gli angeli che sono come le hostess degli aerei, vivono in cielo e non hanno una terra loro.
Questa storia che si deve rispettare me che sono islamico mi ha stufato. Il giorno prima della festa di tutti i santi, la mia maestra ha detto che non dobbiamo festeggiare perché si offendono non solo gli islamici, gli ebrei e i non credenti ma pure i protestanti. Poi, d’accordo con il capo d’istituto, ci ha riuniti tutti intorno alla cattedra e ha tolto dal muro il crocifisso.
Ha detto che quel segno lì, sperduto sul muro a fianco alla lavagna, che non avevo mai notato, offendeva me e tutti quelli che come me non credono e non pregano per Cristo. A me è dispiaciuto vedere quel poveretto magro magro e già sofferente, pieno di sangue e con quei chiodi conficcati nelle mani e nei piedi, finire in una busta di plastica e andare chissà dove; raccolta differenziata, almeno spero. I miei amici dicevano: ma che ti ha fatto Gesù Cristo, che ha fatto alla tua famiglia? E io non sapevo cosa dire perché non mi aveva fatto niente, non mi offendeva affatto, mi faceva pena. Mio padre ne aveva parlato pure bene, diceva che era un profeta, comunque una brava persona. E non ce l’aveva con noi musulmani né tifava per gli americani anche perché quando c’era lui, non c’erano ancora né l’Islam né l’America.
Ma ora che la maestra ha tolto il crocifisso, l’albero, il presepe, la festa di Natale, i canti e le preghiere perché offendevano me, una mia amichetta ha detto: ma perché sei così incazzuso e ti offendi per ogni cosa che abbiamo e festeggiamo noi? Ma io non mi offendo affatto, è lei, la maestra, che dice così. Ho paura che ci toglieranno pure Pasqua perché offende noi musulmani. Ho paura che si inventeranno qualcosa per toglierci pure le vacanze dell’estate e diranno che non si fanno perché noi musulmani odiamo il mare e preferiamo il deserto. Bugia, a me piace il mare. Io non so perché voi italiani vi vergognate di fare le cose che avete sempre fatto, di far vedere agli altri le cose che vi piacciono da sempre; non volete farci capire che pure voi avete un dio, solo che lo chiamate e lo vedete in altro modo. Ho l’impressione che questa maestra – che legge la Repubblica ma siccome è pluralista, come dice lei, porta a volte in classe l’Unità, Il fatto e Il manifesto – trova la scusa che c’è in classe l’islamico ma è lei che non sopporta il Natale. Forse perché s’annoia, forse perché da bambina perdeva a tombola, forse perché il marito la trova racchia, o non so, perché detesta la Croce, il Papa e tutti i suoi dipendenti. A me il presepe piace; mi piace meno quel panzone vestito di rosso, Babbo Natale, che mi sembra un pagliaccio carico di vizi, pensa solo a ingrassare e a farci ingrassare e mi fa pure paura perché è travestito. Anzi una volta ho chiesto alla maestra come si dice di uno che ama i bambini? E lei mi ha detto «pedofilo». Babbo Natale allora è pedofilo. Perché non lo mettete in galera? Ma poi non dite che lo fate per rispetto del bambino islamico. Smettetela perché se andiamo avanti così, nessuno mi invita più a giocare insieme. Non avete capito che a forza di rispettarmi, mi state escludendo da ogni vostra festa. Comunque ora che non ci sente la maestra dico la parolaccia: Buon Natale.

domenica 27 dicembre 2009

La Befana a Gatteo, 6 gennaio teatro Lina Pagliughi

Mercoledì, 6 gennaio tutti in teatro!

In occasione del centenario della morte di Don Luigi Ghinelli,
(Don Guanella sarà beato a marzo 2010)
alle ore 14 la recita intitolata:
"La vita di Don Luigi Ghinelli" (Dennis Faedi)
eseguita dai ragazzi del lab-Oratorio teatrale di Gatteo.

SEGUIRA' :

La premiazione del Presepe che la giuria avrà scelto tra quelli visitati per le vie di Gatteo.

L'estrazione dei biglietti vincenti della Lotteria di Natale 2009 alla presenza della nostra missionaria Suor Carla Raggini,  che consegnerà il ricavato della vendita dei biglietti alle consorelle della Casa Famiglia Maria Madre della Tenerezza (in Brasile); dove sono ospitati diversi bambini in difficoltà.

Arriva la Befana....per tutti i bambini presenti, portando doni e tanta simpatia.

All'uscita sarà consegnato a tutti i presenti un segnalibro-ricordo, preparato dalle "famiglie dei figli in cielo" che per il secondo anno consecutivo sostengono queste opere parrocchiali a favore dei bambini e dei ragazzi del territorio.

giovedì 24 dicembre 2009

Statue di Gesu Bambino nella storia della chiesa S.Lorenzo di Gatteo

La parrocchia  di S.Lorenzo di Gatteo è in possesso di diverse statue di Gesù bambino provenienti da diversi periodi storici.
Eccole:


1) Gesù fasciato. É bello ma non ha valore artistico ed è di recente fabbricazione.

foto gesu bambino2) Gesù bambino con perizoma. Raffigurazione abbastanza antica (1600) di lunghezza 15-20 cm. Si pensa che il perizoma sia stato inserito successivamente e che la statua fosse inizialmente un angioletto da appendere, data la presenza di ganci sulla parte posteriore. Ha un certo valore artistico.

foto gesu antico3) Gesù fanciullo. Raffigurazione di Gesù fanciullo di età 4-5 anni circa. Utilizzato da don Borghesi (1891-1965) il quale faceva svolgere una processione con questa immagine alla “Associazione della santa infanzia” il giorno d'Epifania.


4) Gesù piccolo. Forse è risalente al 1700. Al momento è danneggiato.(foto in arrivo)


5) Gesù bambino. Attualmente utilizzato in esposizione nella chiesa parocchiale, è di fabbricazione recente.


(foto: Dennis Faedi)

mercoledì 23 dicembre 2009

Gli strani presepi a Gatteo, foto

Sono diversi i modi e i materiali con i quali si può costruire presepe. A Gatteo quest'anno ne hanno esposto alcuni che sono delle opere d'arte e d'ingegno.
Ecco le foto:

presepe istituto don ghinelli fatto di pietra

Il presepe costruito con pietre.
Si trova a Gatteo, Istituto Don Ghinelli.
Maestro Cristian con i ragazzi disabili dell'Istituto
(quindi un immenso impegno e sacrificio nel farlo)


presepe riciclato di latta
Il presepe riciclato di latta, esposto accanto
alla BCC di Gatteo in via Pascoli.

strani presepi fatti di legno riciclati
Il presepe di legno, rotonda Giovanni XXIII a Gatteo

GATTEO E I SUOI PRESEPI

In questi anni, per certi versi difficoltosi, nei quali le simbologie cristiane devono sopportare attacchi inconcepibili (leggi: rimozione dei crocefissi da luoghi pubblici) a Gatteo, così come in tanti altri paesi e località della nostra penisola e in tutto il mondo cristiano, ad ogni ricorrenza natalizia, si rinnova la bella e quasi commovente tradizione del presepe. Ognuno di noi ha ricordi indelebili fin dall’infanzia. Chi non ricorda la bella e magica avventura dell’allestimento del proprio presepe quando, aiutati dal babbo e sotto lo sguardo protettivo e compiaciuto della mamma, costruivamo la capanna con i zocchi di legna ritorti, ricoperti dal muschio e poi e poi tutto il resto, fino a quando, la vigilia di Natale, con reverenza e amore, nella piccolissima e rosea culla vi adagiavamo il nostro Bambin Gesù che già ci allargava le braccia per accogliere la nostra anima. Ed i Re Magi là. ad aspettare.

Quanti bei ricordi abbiamo detto.
Bene!!!! Il mondo continua eccome !!!!!!
E GATTEO, a proposito di presepi, vuole essere protagonista.

Quest’anno, per il terzo anno consecutivo, il Comitato che in estate organizza La Ligaza, si stà adoperando per allestire e soprattutto far allestire, nelle finestre, nelle vetrine, ed in ogni posto disponibile del centro storico di Gatteo, tanti e tanti presepi, di ogni dimensione e di ogni tipo. Ognuno stà contribuendo, dai privati ai bravi artigiani, alle associazioni tutte e soprattutto dalle ragazze e ragazzi ospiti dell’Opera Don Guanella, questi ultimi condotti dai bravi e volenterosi Cristian e Mario sotto l’occhio benevole di Don Vincenzo.
Il 18 Dicembre alle ore 20.30, presenti Don Giuseppe Brigliadori e Don Giuseppe Calandrini, meglio noti come il vecchio ed il nuovo arciprete, presente il sindaco Tiziano Gasperoni, nonché tutta la popolazione di Gatteo, avrà inizio ufficialmente la bella manifestazione. Partendo dall’oratorio di San Rocco, per l’occasione ricolmo di piccoli presepi, accompagnati dagli immancabili zampognari, che ci allieteranno con musiche e canti della tradizione, ci incammineremo per le vie del paese. Visiteremo i presepi più suggestivi, nonché l’imponente albero natalizio in piazza Vesi, addobbato con grandi scarponi natalizi dipinti dai bimbi dell’asilo, dai frequentatori dei centri ricreativi e da vari volontari. Sono previste alcune gradevoli soste al fuoco dei bracieri per un piccolo ristoro con panettone e vin brulè.
Viviamo questa bella iniziativa, viviamola come la visse San Francesco quando a Greccio prese vita il primo presepe.
presepe di sabbia
Viviamola in consapevolezza e nella convinzione che, pur rispettando ogni idea diversa dalla nostra, abbiamo il dovere ed il diritto di affermare il nostro credo.

lunedì 14 dicembre 2009

Tesina sulla solitudine

Aspetti negativi
Aspetti positivi

La lingua inglese ha due parole ben distinte per esprimere il concetto di solitudine: solitude e loneliness.
Il termine solitude indica l’aspetto positivo intrinseco alla solitudine, ovvero la capacità di stare bene con se stessi e di poter esprimere liberamente la propria creatività. Loneliness è invece l’opposto: è una condizione tipica delle società contemporanee legata all’ incapacità di vivere da soli, a un senso di smarrimento che porta ad una costante dipendenza da altri esseri umani.

Loneliness.
L’aspetto negativo della solitudine è relativo alla condizione di persone che non hanno più le risorse economiche o psicologiche per vivere, che non hanno più progetti; è ad esempio la solitudine del giovane che non trova ascolto all'interno della famiglia e con prospettive per il futuro incerte; può essere quella del lavoratore estromesso precocemente dal mondo produttivo, preoccupato dalla precarietà del suo impiego, dalla possibilità del licenziamento, della disoccupazione.
E' inoltre senz'altro quella che riguarda, almeno qualche volta nel corso dell'esistenza ciascun essere umano: capita infatti di ritirarsi da un mondo in cui ci se sente a disagio, circondati talora da norme e valori non condivisi.
La negatività della solitudine è ben rappresentata nella lirica di Quasimodo (Modica, 1901-Napoli,1968) ”Ed è subito sera”, parte della raccolta pre-ermetica Acque e terre (1930).
Ognuno sta solo sul cuor della terra
trafitto da un raggio di sole:
ed è subito sera.

I nuclei tematici di questa lirica sono la solitudine, la pena del vivere, e la morte, e sono espressi in tre versi secondo un modello di essenzialità che vagamente richiama la poetica ungarettiana dei versicoli e della poesia pura e che anticipa la corrente ermetica.
Nel primo verso: “Ognuno sta solo sul cuor della terra…” viene contrapposta la grandezza della terra alla limitatezza dell’uomo che pur vivendo al centro delle cose, si sente solo, incapace di comunicare con i suoi simili.
Nel secondo verso la pena del vivere è rappresentata da quel momento di felicità, definita “raggio di sole” che non riesce ad illuminare e quindi a rendere felice, l’uomo. Al contrario la felicità addolora l’uomo in quanto dona la consapevolezza di quanto effimera sia essa stessa.
Il sopraggiungere della sera "ed è subito sera" , è una metafora della morte che ne accentua la drammaticità, in quanto le illusioni crollano con il rapido sopraggiungere della sera, ovvero della fine della vita stessa.
Il tema dalla solitudine umana, insieme all’incombere della morte e agli altri grandi temi dell’espressionismo quali l’angoscia esistenziale, la crisi dei valori etici e religiosi, l’ incertezza del futuro e la disumanizzazione di una società borghese, é presente nella pittura del norvegese Edvard MUNCH (1863-1944).
Dopo aver subito diversi lutti, egli ha una visione della vita legata all’attesa angosciosa della morte.
(hm...alcuni sostengono che la morte può essere la liberazione)
Ne “IL GRIDO” (1893), realizzato con olio, tempera e pastelli su cartone, è condensato tutto il rapporto di angoscia che l’artista avverte nei confronti della vita. Lo spunto del quadro è infatti autobiografico ed è descritto nel suo diario:

“Camminavo lungo la strada con due amici quando il sole tramontò, il cielo si tinse all’improvviso di rosso sangue; mi fermai, mi appoggiai stanco morto ad un recinto ; sul fiordo nerazzurro e sulla città c’erano sangue e lingue di fuoco. I miei amici continuavano a camminare e io tremavo ancora di paura e sentivo che un grande urlo pervadeva la natura.”

L’uomo in primo piano che urla è l’artista stesso; sulla destra il paesaggio è innaturale: desolato e poco accogliente, mentre in alto il cielo è striato di un rosso drammatico. Il protagonista, come tutti i suoi personaggi, è rappresentato in maniera visionaria: ha un aspetto sinuoso che fa pensare ad uno spirito piuttosto che ad un vero corpo, è una figura spettrale che non ha riferimenti con la realtà ma la rappresenta per simboli universali: la testa è completamente calva come un teschio ricoperto da pelle mummificata, le guance smunte, gli occhi fissi hanno uno sguardo allucinato e terrorizzato, ha il naso quasi assente mentre la bocca si apre in uno spasmo innaturale. Proprio l’ovale della bocca è il centro compositivo del quadro: da esso le onde sonore del grido agitano sia il corpo dell’uomo sia le onde che definiscono il paesaggio ed il cielo. L’andamento curvilineo del quadro non coinvolge solo alcuni degli elementi compositivi, quali il ponte e le sagome dei suoi amici che, sordi all’urlo dell’uomo, sono incuranti della sua angoscia, testimoniando in questo modo la falsità dei rapporti umani.
(per fortuna c'è smartphone ehehehe)
Le linee nette e sinuose e i colori, contrastanti tra loro, puri e decisi e stesi per campiture piatte, hanno una valenza fortemente simbolica: l’intento dell’ artista è dipingere non quello che ha osservato, bensì ciò che ha provato e che l’ ha condotto a quell’ urlo disperato che si ripercuote in tutta la natura circostante.
Solitude.
Al contrario, il termine solitude, corrispondente ad una condizione cercata anziché subita, esprime una condizione intesa come opportunità di sviluppo interiore per poter riflettere.
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La felicità della solitudine:
Cercando d’individuare un percorso, si rende necessario rieducare le persone alla solitudine rendendola uno strumento che permette sia di realizzare un vero incontro, con il proprio sé, sia di far germogliare le emozioni che proviamo, leggiamo, sentiamo, compiamo ed inventiamo, sia di ridare valore al silenzio, come atto preparatorio al comunicare con gli altri.
La solitudine forzata:
Esistono dei casi in cui l’individuo non può sfuggire alla solitudine: condizioni in cui l’esterno impone alle persone la solitudine. Dalla solitudine forzata può nascere la creatività, come “dal fango è potuto nascere un fiore di loto”.
La solitudine voluta:
Si parla molto del desiderio e della paura della solitudine, poco della capacità d’essere soli. Durante il nostro sviluppo psicofisico, se non abbiamo subito dei traumi gravi, dall’infanzia ad oggi, abbiamo sperimentato, magari gradualmente, un essere soli anche in presenza dell’altro.
La fiducia, costruita dentro di noi negli anni della crescita, ci ha permesso di controllare la solitudine di riconoscere i sentimenti che animano la parte profonda della nostra mente e di esprimerli.
La solitudine diviene, così, condizione privilegiata e da ricercarsi per aiutare l’individuo ad integrare i pensieri interni con i sentimenti. La meditazione, e, a livello inconscio, il sonno operano questa trasformazione. Costruire un momento di solitudine e di silenzio aiuta la persona a ritrovare se stesso nell’oceano della vita. L’anelito di questo momento permette l’abbandono a qualcosa o qualcuno sopra di lui, in grado di dare significato alla vita, alle emozioni quotidiane ed al silenzio ricercato.
La solitudine, fuga o difesa:
Il saper star soli, rappresenta una preziosa risorsa. Permette agli uomini di entrare in contatto con i propri sentimenti più intimi, di riorganizzare le idee, di mutare atteggiamento.
Esiste ancora una forma di solitudine, quella più semplice, di tutti i giorni, che si realizza come via di fuga dalla tensione della vita quotidiana. Alcune persone isolandosi riescono ad evitare un leggero stato di depressione o di apatia ed investono in creatività.
Si può arrivare ad affermare che questo tipo d’investimento permette una vera e propria fuga dalla malattia mentale. Osservate le persone dedite prevalentemente al lavoro, sembra che non ne possano fare a meno. A volte si ha addirittura l’impressione che siano drogate. Non vi è da stupirsi se appaiono avide di lavoro. Per loro, forse, l’incapacità di reggere le emozioni di una relazione umana alla pari, le spinge alla solitudine. Spesso queste persone appaiono fredde, distaccate e poco accattivanti, ma è solo una conseguenza, volta a mascherare la debolezza e la vulnerabilità verso gli altri.
Io aggiungerei anche notissimo volume di Giordano "La solitudine dei numeri primi"

domenica 13 dicembre 2009

Fusione Cassa di Risparmio di Cesena e Unibanca

Clienti e dipendenti non dovrebbero ac­corgersi di nulla, ma la fusione della Cassa di Ri­sparmio di Cesena con Uni­banca garantirà un bel ri­sparmio: dalle prime stime almeno 6 milioni di euro.
La fusione della holding con la banca controllata permetterà in primo luogo di aggirare le nuove norme sull'Iva volute dal ministro dell'Economia Tremonti: "Risparmieremo fino a due milioni di euro sui paga­menti Iva infragruppo - ha affermato in conferenza stampa il direttore generale di Unibanca e Crc Adriano Gentili - ed altri 8 o 900 mi­la euro sulla tassazione dei dividendi infragruppo".
Risparmi virtuali questi, da­to che permettono di non pagare tasse di nuova introduzione. Diverso è il caso dei risparmi in strutture e servizi: "Il contratto di ge­stione del nostro servizio informatico è arrivato a scadenza - ha spiegato il presidente di Unibanca Germano Lucchi - così ab­biamo colto l'occasione per cambiare fornitore di servi­zi, da Cedacli a Cse. In que­sto modo risparmieremo fi­no a 3 milioni di euro".
Bisogna mettere in conto poi le "poltrone" che salte­ranno nella fusione: ci sarà un solo Cda e un solo con­siglio di revisori dei conti, con meno persone e meno riunioni. Unibanca al mo­mento ha un consiglio d'amministrazione di 13 persone, la Cassa di Rispar­mio di Cesena di 9. Il nu­mero dei nuovi ammini­stratori non è stato ancora deciso ma oggi molto spes­so la stessa persona siede in entrambi i Cda.
Con questa fusione però la Cassa di Risparmio di Cese­na non torna all'antico, restando comunque una hol­ding: "Manterremo il con­trollo della Banca di Roma­gna - ha spiegato Bruno Pi­raccini, presidente della Ca­risp - e questo ci permetterà di mantenere quel patrimo­nio di regole, impostazioni e sistemi organizzativi che
Unibanca ha saputo creare in dieci anni. Questa è una fusione che nasce dal bas­so: l'iniziativa è venuta dal­la banca e le Fondazioni l'hanno sposata".
Il piano fusione e raziona­lizzazione dei costi messo a punto dal direttore Gentili, lodato dai vertici di Uni­banca, non prevede tagli al personale, tanto che i sindacati non hanno mosso ri­lievi in merito. Diverso sa­rebbe stato il caso di una fu­sione con la Banca di Ro­magna, che avrebbe quanto meno comportato alcuni trasferimenti da Faenza e Lugo a Cesena.
Ridotti i costi e varato il pia­no industriale per i prossi­mi tre anni, la banca si pre­para ad un aumento di ca­pitale di 24,3 milioni di eu­ro, con l'emissione di una nuova azione ogni 20 vec­chie al prezzo di 18,50 euro contro un valore ad azione stimato in 19,35 euro. In questo modo sarà garantito lo sviluppo della banca, an­che con l'apertura di nuovi sportelli, secondo le indica­zioni del piano industriale triennale 2010-2012.
Michelangelo Bucci

A caccia di profitti

Considerando che il "buono" se lo prende la SAMSO, l'appaltatore cerca di rifilarci il bonus facciate, e via....alle votazioni...