Ecco cosa si leggeva a suo tempo in una nota della questura di Forlì-Cesena – L’ufficio anticrime di Cesena, domenica mattina (10 maggio 2009 ndr.)ha arrestato il cittadino boliviano Tejada Coca Alvaro, 27 anni, cappellano di Gambettola, per i reati di violenza sessuale aggravata e lesioni personali dolose, consumati nei confronti di un ragazzo italiano di 22 anni.
Il ragazzo di origini siciliane, era da pochi giorni a Cesena, ospite di alcuni familiari, per trovare lavoro. E, sabato sera, insieme ai parenti, è andato ad una festa parrocchiale a Gambettola, dove, indirizzato sempre da parenti, con aiuto del capellano voleva essere assunto per un lavoro stagionale nei campi scuola estivi organizzati per i ragazzi della parrocchia.
Il sacerdote ha invitato il 22enne nel proprio studio, dentro il plesso parrocchiale, con la scusa di mostrargli i progetti organizzativi dei campus, il giovane, allettato dalla possibilità di lavoro, lo ha seguito senza remore.
Poi, sempre con il miraggio del lavoro, “con una scusa banale lo ha condotto fino nella propria stanza, al primo piano della canonica, dove – spiega la questura – il sacerdote ha tentato un primo approccio sessuale, che dato il diniego del giovane, si trasformava in un gesto di violenza, fino a sfociare in un abuso sessuale completo”.
Quando il ragazzo è tornato dai familiari, alla festa parrocchiale, non è riuscito a mascherare il trauma e il suo stato d’animo, ma non è riuscito a parlare e i familiari hanno insistito con la richiesta di spiegazioni.
A distanza di qualche ora, superata la vergogna, il ragazzo ha raccontato ai parenti la violenza subita.
Portato al pronto soccorso dell’ospedale Bufalini di Cesena, i sanitari – sottolinea la polizia – hanno riscontrato la violenza sessuale e le lesioni subite. Gli agenti dell’ufficio anticrimine di Cesena e le volanti sono subito arrivate in ospedale, poi, sono andati nella Chiesa di Gambettola, fin nella stanza del sacerdote boliviano, che dormiva.
Il cappellano è stato arrestato e “ha ammesso ogni addebito ad eccezione della violenza asserendo che il giovane era consenziente, in palese contrasto con quanto riscontrato dai sanitari”.
.....fine citazione.
E così che si mostra in pubblico un semplice caso di corruzione morale, non solo del pretino ma anche chi offre il proprio corpo in cambio di favori. Scrivo "in pubblico", perchè sotto voce si sussurra che il ragazzo c'è stato d'accordo, è salito di sua spontanea volontà in camera da letto del prete, ma solo in secondo tempo ci ha rimuginato sopra decidendo che l'esperienza non gli è piaciuta granchè. E così, confabulando con i famigliari si è reso piu vantaggioso denunciare il prete.
E ancora la nota "addolorata" della diocesi di Cesena-Sarsina (come sarebbe altrimenti).
"La notizia dell’arresto di don Alvaro Tejada Coca, che prestava servizio nella parrocchia di Gambettola, accusato di violenza sessuale nei confronti di un 22enne, addolora profondamente il vescovo con tutto il presbiterio e l’intera comunità diocesana che si ritengono essi stessi vittime di quanto accaduto. In attesa dell’accertamento delle responsabilità penali, il fatto addebitato a don Tejada rimane gravemente offensivo della dignità umana, del tutto contrario al Vangelo e alla responsabilità di ogni sacerdote. Il vescovo mons. Antonio Lanfranchi, con decreto, ha disposto la sospensione 'a divinis' di don Alvaro Tejada Coca. Nel contempo invita la comunità diocesana a vivere nella preghiera, affidandosi a Gesù Buon Pastore, questo momento di sofferenza.
Il gravissimo episodio non può far venir meno la fiducia e la stima per quanti, con generosità e alto senso etico, sono ogni giorno impegnati nel servizio pastorale della comunità cristiana: essi avvertono ancor più l’impegno ad operare affinché nulla offuschi la loro missione”.
E così che con il rito abbrevviato Don Alvaro Coca Tejada, boliviano di 27 anni, ex cappellano della parrocchia di Gambettola, è stato condannato a quattro anni e sei mesi di reclusione dal Tribunale di Forlì, che lo ha riconosciuto colpevole di aver abusato sessualmente la sera del 9 maggio 2009 di un giovane di 22 anni.
E' stato condannato anche a pagare 106.000 euro alla parte civile: la vittima e l'associazione Papa Giovanni XXIII. Don Alvaro resterà nel carcere della Rocca di Forlì, da dove non è mai uscito dal giorno dell'arresto. L'avvocato della difesa, il cesenate Alberto Bricchi, attenderà le motivazioni della sentenza poi presenterà sicuramente ricorso in appello.
sabato 9 gennaio 2010
Barzellette di Sgabanaza a Gatteo il 16 gennaio
Sgabanaza racconta di un suo incontro a Rimini con Don Oreste Benzi. Quello che ci sapeva fare con le prostitute.
Don Oreste stava rientrando a casa dopo un incontro con seminaristi riminesi e attraversando una stradina assai isolata incontra una battona che desolata si raggirava in quel tratto di strada: " Figliola - si ferma davanti alla donna - sei su una strada sbagliata"
Al che la prostituta asserisce: " eh si Don Oreste, sono 4 ore che batto quel marciapiede e non ho guadagnato nulla"
Sabato, 16 gennaio 2010 alle ore 20,30 al cinema-teatro Lina Pagliughi a Gatteo si terrà la festa d'inverno organizzata dall'associazione:"Castello e dintorni" (tutti notabili del posto associati ndr.).
Durante questa festa, come ogni anno a gennaio si esibiranno i Pasquaroli, comico romagnolo SGABANAZA (dal 1965), (al secolo Piergiuseppe Bertaccini), al vapore di vin brulè e ciambella, e a conclusione, tombola!
Entrata a donazione libera.
Il ricavo sarà destinato non solo per i premi della tombola che sono assai attraenti; tipo cameretta singola offerta da MARMOBILI, macchinetta espresso per caffè offerta da Calandrini & Ardini elettrodomestici, bicicletta, stereo, piante vere, quadri d'autore e numerosi cesti di frutta, ma più di 2 mila euro per questa serata se le prende Sgabanaza.
Vi attendiamo numerosi.
Don Oreste stava rientrando a casa dopo un incontro con seminaristi riminesi e attraversando una stradina assai isolata incontra una battona che desolata si raggirava in quel tratto di strada: " Figliola - si ferma davanti alla donna - sei su una strada sbagliata"
Al che la prostituta asserisce: " eh si Don Oreste, sono 4 ore che batto quel marciapiede e non ho guadagnato nulla"
Sabato, 16 gennaio 2010 alle ore 20,30 al cinema-teatro Lina Pagliughi a Gatteo si terrà la festa d'inverno organizzata dall'associazione:"Castello e dintorni" (tutti notabili del posto associati ndr.).
Durante questa festa, come ogni anno a gennaio si esibiranno i Pasquaroli, comico romagnolo SGABANAZA (dal 1965), (al secolo Piergiuseppe Bertaccini), al vapore di vin brulè e ciambella, e a conclusione, tombola!
Entrata a donazione libera.
Il ricavo sarà destinato non solo per i premi della tombola che sono assai attraenti; tipo cameretta singola offerta da MARMOBILI, macchinetta espresso per caffè offerta da Calandrini & Ardini elettrodomestici, bicicletta, stereo, piante vere, quadri d'autore e numerosi cesti di frutta, ma più di 2 mila euro per questa serata se le prende Sgabanaza.
Vi attendiamo numerosi.
venerdì 1 gennaio 2010
A Sala di Cesenatico vince 1 milione di euro
Il 2009 è finito con botto per una 40enne di Sala di Cesenatico.
Però anche il nuovo, 2010 iniziato niente male!
E' uscita di casa accompagnata dal marito per recarsi a una tabaccheria del posto per acquistare un pachetto di sale ed è tornata a casa con un milione di euro.
La donna annoiata da quella fila troppo lunga, ha chiesto al tabaccaio un "Gratta e Vinci" da dieci euro della serie “Mega Miliardario". Ha estratto la monetina ed ha cominciato a grattare. Poi con gli occhi che escono dalle orbite grida: “Ho vinto un milione di euro".
L'episodio è accaduto il 31 dicembre alla tabaccheria “Delle Rondini" in via Stradone Sala, una ricevitoria frequentata quotidianamente da gente del posto. La fortunata vincitrice, dopo aver realizzato, ha chiamato il marito che l'attendeva in auto. Di loro si sa che è una famiglia con due figli, di onesti lavoratori. Gente “normale", non in difficoltà economiche, ma neppure benestante.
E ora la caccia alla fortunata; chiè, come si chiama?
Però anche il nuovo, 2010 iniziato niente male!
E' uscita di casa accompagnata dal marito per recarsi a una tabaccheria del posto per acquistare un pachetto di sale ed è tornata a casa con un milione di euro.
La donna annoiata da quella fila troppo lunga, ha chiesto al tabaccaio un "Gratta e Vinci" da dieci euro della serie “Mega Miliardario". Ha estratto la monetina ed ha cominciato a grattare. Poi con gli occhi che escono dalle orbite grida: “Ho vinto un milione di euro".
L'episodio è accaduto il 31 dicembre alla tabaccheria “Delle Rondini" in via Stradone Sala, una ricevitoria frequentata quotidianamente da gente del posto. La fortunata vincitrice, dopo aver realizzato, ha chiamato il marito che l'attendeva in auto. Di loro si sa che è una famiglia con due figli, di onesti lavoratori. Gente “normale", non in difficoltà economiche, ma neppure benestante.
E ora la caccia alla fortunata; chiè, come si chiama?
Quella nostalgia verso l'infinito di Julián Carrón
Quella nostalgia verso l'infinito
Caro Direttore,
c’è una frase di Dostoevskij che mi accompagna in questi tempi, dovendo parlare del cristianesimo alle persone più diverse in Italia e all’estero: "Un uomo colto, un europeo dei nostri giorni può credere, credere proprio, alla divinità del figlio di Dio, Gesù Cristo?" (da "I fratelli Karamazov" ndr.). Questa domanda suona come una sfida a ciascuno di noi. È precisamente dalla risposta ad essa che dipende la possibilità di successo della fede oggi. In un discorso del 1996, l’allora cardinale Ratzinger rispose che la fede può sperare questo «perché essa trova corrispondenza nella natura dell’uomo. Nell’uomo vi è un’inestinguibile aspirazione nostalgica verso l’infinito». E con ciò indicava anche la condizione necessaria: che il cristianesimo ha bisogno di trovare l’uomo che vibra in ciascuno di noi per mostrare tutta la portata della sua pretesa.
Eppure in quante occasioni siamo tentati di guardare l’umanità concreta che ci troviamo addosso - per esempio, il disagio, l’insoddisfazione, la tristezza, la noia - come un ostacolo, una complicazione, un intralcio alla realizzazione di ciò che desideriamo. E così ci arrabbiamo con noi stessi e con la realtà, soccombendo sotto il peso delle circostanze, nell’illusione di andare avanti tagliando via qualche pezzo di noi. Ma disagio, insoddisfazione, tristezza, noia non sono sintomi di una malattia su cui intervenire coi farmaci, come accade sempre più spesso in una società che confonde l’inquietudine del cuore col panico e con l’ansia. Sono piuttosto segni di quale sia la natura dell’io. Il nostro desiderio è più grande di tutto l’universo. La percezione del vuoto in noi e attorno a noi di cui parla Leopardi («mancamento e voto») e la noia di cui parla Heidegger sono la prova dell’inesorabilità del nostro cuore, del carattere smisurato del nostro desiderio - niente è in grado di darci soddisfazione e pace -; possiamo dimenticarlo, tradirlo, ingannarlo, ma non possiamo togliercelo di dosso.
Per questo il vero ostacolo al cammino non è la nostra concreta umanità, ma la trascuratezza di essa. Tutto in noi grida l’esigenza di qualcosa che riempia il vuoto. Lo intuiva perfino Nietzsche, che non poté evitare di rivolgersi al “dio ignoto” che fa tutte le cose: «Rimasto solo, levo le mie mani/ (…) “Al dio ignoto”:/ (…) Conoscerti io voglio - te, l’Ignoto,/ Che a fondo mi penetri nell’anima,/ Come tempesta squassi la mia vita,/ Inafferrabile eppure a me affine!» (1864).
Il Natale è l’annuncio che questo ignoto Mistero è diventato una presenza familiare, senza la quale nessuno di noi potrebbe rimanere uomo a lungo, finirebbe travolto dalla confusione, vedendo decomporsi il proprio volto, perché «solo il divino può “salvare” l’uomo, cioè le dimensioni vere ed essenziali dell’umana figura e del suo destino» (don Giussani).
Il segno più persuasivo che Cristo è Dio, il miracolo più grande da cui tutti rimanevano colpiti - più ancora che le gambe raddrizzate e la cecità guarita - era uno sguardo senza paragoni. Il segno che Cristo non è una teoria o un insieme di regole è quello sguardo, di cui è pieno il Vangelo: il Suo modo di trattare l’umano, di entrare in rapporto con coloro che trovava sulla sua strada. Pensiamo a Zaccheo e alla Maddalena: non ha chiesto loro di cambiare, li ha abbracciati così com’erano, nella loro umanità ferita, sanguinante, bisognosa in tutto. E la loro vita, abbracciata, si ridestava in quel momento in tutta la sua profondità originale.
Chi non desidererebbe essere raggiunto da un simile sguardo ora? Infatti «non si può rimanere nell’amore a se stessi senza che Cristo sia una presenza come è una presenza una madre per il bambino. Senza che Cristo sia presenza ora – ora! –, io non posso amarmi ora e non posso amare te ora» (don Giussani). Sarebbe l’unica modalità per rispondere da uomini del nostro tempo, ragionevolmente e criticamente, alla domanda di Dostoevskij.
Ma come sappiamo che Cristo è vivo ora? Perché il Suo sguardo non è un fatto del passato. Continua nel mondo tale e quale: dal giorno della Sua resurrezione la Chiesa esiste solo per rendere esperienza l’affezione di Dio, attraverso persone che sono il Suo corpo misterioso, testimoni nell’oggi della storia di quello sguardo capace di abbracciare tutto l’umano.
Grazie.
Julián Carrón, Corriere della Sera, 24 dicembre 2009
Caro Direttore,
c’è una frase di Dostoevskij che mi accompagna in questi tempi, dovendo parlare del cristianesimo alle persone più diverse in Italia e all’estero: "Un uomo colto, un europeo dei nostri giorni può credere, credere proprio, alla divinità del figlio di Dio, Gesù Cristo?" (da "I fratelli Karamazov" ndr.). Questa domanda suona come una sfida a ciascuno di noi. È precisamente dalla risposta ad essa che dipende la possibilità di successo della fede oggi. In un discorso del 1996, l’allora cardinale Ratzinger rispose che la fede può sperare questo «perché essa trova corrispondenza nella natura dell’uomo. Nell’uomo vi è un’inestinguibile aspirazione nostalgica verso l’infinito». E con ciò indicava anche la condizione necessaria: che il cristianesimo ha bisogno di trovare l’uomo che vibra in ciascuno di noi per mostrare tutta la portata della sua pretesa.
Eppure in quante occasioni siamo tentati di guardare l’umanità concreta che ci troviamo addosso - per esempio, il disagio, l’insoddisfazione, la tristezza, la noia - come un ostacolo, una complicazione, un intralcio alla realizzazione di ciò che desideriamo. E così ci arrabbiamo con noi stessi e con la realtà, soccombendo sotto il peso delle circostanze, nell’illusione di andare avanti tagliando via qualche pezzo di noi. Ma disagio, insoddisfazione, tristezza, noia non sono sintomi di una malattia su cui intervenire coi farmaci, come accade sempre più spesso in una società che confonde l’inquietudine del cuore col panico e con l’ansia. Sono piuttosto segni di quale sia la natura dell’io. Il nostro desiderio è più grande di tutto l’universo. La percezione del vuoto in noi e attorno a noi di cui parla Leopardi («mancamento e voto») e la noia di cui parla Heidegger sono la prova dell’inesorabilità del nostro cuore, del carattere smisurato del nostro desiderio - niente è in grado di darci soddisfazione e pace -; possiamo dimenticarlo, tradirlo, ingannarlo, ma non possiamo togliercelo di dosso.
Per questo il vero ostacolo al cammino non è la nostra concreta umanità, ma la trascuratezza di essa. Tutto in noi grida l’esigenza di qualcosa che riempia il vuoto. Lo intuiva perfino Nietzsche, che non poté evitare di rivolgersi al “dio ignoto” che fa tutte le cose: «Rimasto solo, levo le mie mani/ (…) “Al dio ignoto”:/ (…) Conoscerti io voglio - te, l’Ignoto,/ Che a fondo mi penetri nell’anima,/ Come tempesta squassi la mia vita,/ Inafferrabile eppure a me affine!» (1864).
Il Natale è l’annuncio che questo ignoto Mistero è diventato una presenza familiare, senza la quale nessuno di noi potrebbe rimanere uomo a lungo, finirebbe travolto dalla confusione, vedendo decomporsi il proprio volto, perché «solo il divino può “salvare” l’uomo, cioè le dimensioni vere ed essenziali dell’umana figura e del suo destino» (don Giussani).
Il segno più persuasivo che Cristo è Dio, il miracolo più grande da cui tutti rimanevano colpiti - più ancora che le gambe raddrizzate e la cecità guarita - era uno sguardo senza paragoni. Il segno che Cristo non è una teoria o un insieme di regole è quello sguardo, di cui è pieno il Vangelo: il Suo modo di trattare l’umano, di entrare in rapporto con coloro che trovava sulla sua strada. Pensiamo a Zaccheo e alla Maddalena: non ha chiesto loro di cambiare, li ha abbracciati così com’erano, nella loro umanità ferita, sanguinante, bisognosa in tutto. E la loro vita, abbracciata, si ridestava in quel momento in tutta la sua profondità originale.
Chi non desidererebbe essere raggiunto da un simile sguardo ora? Infatti «non si può rimanere nell’amore a se stessi senza che Cristo sia una presenza come è una presenza una madre per il bambino. Senza che Cristo sia presenza ora – ora! –, io non posso amarmi ora e non posso amare te ora» (don Giussani). Sarebbe l’unica modalità per rispondere da uomini del nostro tempo, ragionevolmente e criticamente, alla domanda di Dostoevskij.
Ma come sappiamo che Cristo è vivo ora? Perché il Suo sguardo non è un fatto del passato. Continua nel mondo tale e quale: dal giorno della Sua resurrezione la Chiesa esiste solo per rendere esperienza l’affezione di Dio, attraverso persone che sono il Suo corpo misterioso, testimoni nell’oggi della storia di quello sguardo capace di abbracciare tutto l’umano.
Grazie.
Julián Carrón, Corriere della Sera, 24 dicembre 2009
mercoledì 30 dicembre 2009
Mi hanno rubato il Natale di Marcello Veneziani
Salve, sono Mohamed Venez-Janiì, bambino musulmano di anni dieci. Stamattina ero contento di andare a scuola perché dovevamo andare a vedere il presepe e a festeggiare con i canti di Natale. Invece stamattina la maestra ha detto che per rispetto nei miei confronti si resta in classe e non si festeggia Natale. Gesù Bambino è troppo offensivo per noi islamici, ha detto, la Madonna vergine, devota e madre, è un insulto ai diritti delle donne, i Re Magi sono tre offese alla Costituzione repubblicana, gli Angeli sono una presa in giro dei trans, il bue e l’asinello sono un’offesa ai diritti degli animali ridotti a termosifoni della grotta, e il panettone è un insulto consumista alla fame nel mondo. Ma il Natale tutto, ha detto, mortifica quelli come me, che non sono cristiani, ci offende e ci prende pure in giro perché ci riduce nel presepe a beduini, pastori e cammellieri. Ma la maestra non sa che per noi islamici beduini non è un’offesa, e nemmeno pastori e cammellieri. Mio zio è cammelliere e ha pure le capre e io da grande volevo fare il beduino. Comunque Natale non si festeggia per rispetto mio. La maestra della classe accanto, più furba, ha trasformato il Natale in festa della luce: io non lo so, perché vengo da lontano, ma forse a Natale si festeggia la santa natività dell’Enel. La maestra del piano di sotto, invece, non ha fatto festeggiare e ha spogliato l’albero di tutte le palle luminose perché quattro ladri hanno rubato l’insegna ad Auschwitz; ma non ho capito che c’entra con Gesù Bambino.
Non vi dico la rabbia che mi ha preso quando ci ha detto che non si andava più a cantare «Tu scendi dalle stelle» e non si mangiava più il panettone per rispetto di noi islamici. E non solo mi sono arrabbiato perché ci hanno tolto una bella mattinata di festeggiamenti, ma questa cosa che non si festeggia perché ci sono io musulmano mi ha fatto odiare per la prima volta da tutti i miei compagni di classe perché hanno capito che a causa mia e della mia famiglia non si festeggia Natale e non si canta ma si interroga e si fanno i compiti. Mi hanno preso per uno che piange e si arrabbia se gli altri festeggiano, non ama il Bambinello e detesta la Madonna come il Panettone. Dicono che vengo dalla Rabbia saudita. Non mi invitano più alle feste perché pensano che io sono contrario e gliela tiro. Vedono me, mia madre Fatima e mio padre Alì, come guastafeste e anche un poco terroristi. E invece non è vero: a me piace Natale e a casa mia di solito a Natale si mangia l’Agnellone perché pure per noi è una mezza festa, mi è simpatico il Bambinello, la gente intorno al presepe è tutta delle parti mie, non c’è nemmeno un personaggio padano o inglese. Tutti mediorientali come me. Salvo gli angeli che sono come le hostess degli aerei, vivono in cielo e non hanno una terra loro.
Questa storia che si deve rispettare me che sono islamico mi ha stufato. Il giorno prima della festa di tutti i santi, la mia maestra ha detto che non dobbiamo festeggiare perché si offendono non solo gli islamici, gli ebrei e i non credenti ma pure i protestanti. Poi, d’accordo con il capo d’istituto, ci ha riuniti tutti intorno alla cattedra e ha tolto dal muro il crocifisso.
Ha detto che quel segno lì, sperduto sul muro a fianco alla lavagna, che non avevo mai notato, offendeva me e tutti quelli che come me non credono e non pregano per Cristo. A me è dispiaciuto vedere quel poveretto magro magro e già sofferente, pieno di sangue e con quei chiodi conficcati nelle mani e nei piedi, finire in una busta di plastica e andare chissà dove; raccolta differenziata, almeno spero. I miei amici dicevano: ma che ti ha fatto Gesù Cristo, che ha fatto alla tua famiglia? E io non sapevo cosa dire perché non mi aveva fatto niente, non mi offendeva affatto, mi faceva pena. Mio padre ne aveva parlato pure bene, diceva che era un profeta, comunque una brava persona. E non ce l’aveva con noi musulmani né tifava per gli americani anche perché quando c’era lui, non c’erano ancora né l’Islam né l’America.
Ma ora che la maestra ha tolto il crocifisso, l’albero, il presepe, la festa di Natale, i canti e le preghiere perché offendevano me, una mia amichetta ha detto: ma perché sei così incazzuso e ti offendi per ogni cosa che abbiamo e festeggiamo noi? Ma io non mi offendo affatto, è lei, la maestra, che dice così. Ho paura che ci toglieranno pure Pasqua perché offende noi musulmani. Ho paura che si inventeranno qualcosa per toglierci pure le vacanze dell’estate e diranno che non si fanno perché noi musulmani odiamo il mare e preferiamo il deserto. Bugia, a me piace il mare. Io non so perché voi italiani vi vergognate di fare le cose che avete sempre fatto, di far vedere agli altri le cose che vi piacciono da sempre; non volete farci capire che pure voi avete un dio, solo che lo chiamate e lo vedete in altro modo. Ho l’impressione che questa maestra – che legge la Repubblica ma siccome è pluralista, come dice lei, porta a volte in classe l’Unità, Il fatto e Il manifesto – trova la scusa che c’è in classe l’islamico ma è lei che non sopporta il Natale. Forse perché s’annoia, forse perché da bambina perdeva a tombola, forse perché il marito la trova racchia, o non so, perché detesta la Croce, il Papa e tutti i suoi dipendenti. A me il presepe piace; mi piace meno quel panzone vestito di rosso, Babbo Natale, che mi sembra un pagliaccio carico di vizi, pensa solo a ingrassare e a farci ingrassare e mi fa pure paura perché è travestito. Anzi una volta ho chiesto alla maestra come si dice di uno che ama i bambini? E lei mi ha detto «pedofilo». Babbo Natale allora è pedofilo. Perché non lo mettete in galera? Ma poi non dite che lo fate per rispetto del bambino islamico. Smettetela perché se andiamo avanti così, nessuno mi invita più a giocare insieme. Non avete capito che a forza di rispettarmi, mi state escludendo da ogni vostra festa. Comunque ora che non ci sente la maestra dico la parolaccia: Buon Natale.
Non vi dico la rabbia che mi ha preso quando ci ha detto che non si andava più a cantare «Tu scendi dalle stelle» e non si mangiava più il panettone per rispetto di noi islamici. E non solo mi sono arrabbiato perché ci hanno tolto una bella mattinata di festeggiamenti, ma questa cosa che non si festeggia perché ci sono io musulmano mi ha fatto odiare per la prima volta da tutti i miei compagni di classe perché hanno capito che a causa mia e della mia famiglia non si festeggia Natale e non si canta ma si interroga e si fanno i compiti. Mi hanno preso per uno che piange e si arrabbia se gli altri festeggiano, non ama il Bambinello e detesta la Madonna come il Panettone. Dicono che vengo dalla Rabbia saudita. Non mi invitano più alle feste perché pensano che io sono contrario e gliela tiro. Vedono me, mia madre Fatima e mio padre Alì, come guastafeste e anche un poco terroristi. E invece non è vero: a me piace Natale e a casa mia di solito a Natale si mangia l’Agnellone perché pure per noi è una mezza festa, mi è simpatico il Bambinello, la gente intorno al presepe è tutta delle parti mie, non c’è nemmeno un personaggio padano o inglese. Tutti mediorientali come me. Salvo gli angeli che sono come le hostess degli aerei, vivono in cielo e non hanno una terra loro.
Questa storia che si deve rispettare me che sono islamico mi ha stufato. Il giorno prima della festa di tutti i santi, la mia maestra ha detto che non dobbiamo festeggiare perché si offendono non solo gli islamici, gli ebrei e i non credenti ma pure i protestanti. Poi, d’accordo con il capo d’istituto, ci ha riuniti tutti intorno alla cattedra e ha tolto dal muro il crocifisso.
Ha detto che quel segno lì, sperduto sul muro a fianco alla lavagna, che non avevo mai notato, offendeva me e tutti quelli che come me non credono e non pregano per Cristo. A me è dispiaciuto vedere quel poveretto magro magro e già sofferente, pieno di sangue e con quei chiodi conficcati nelle mani e nei piedi, finire in una busta di plastica e andare chissà dove; raccolta differenziata, almeno spero. I miei amici dicevano: ma che ti ha fatto Gesù Cristo, che ha fatto alla tua famiglia? E io non sapevo cosa dire perché non mi aveva fatto niente, non mi offendeva affatto, mi faceva pena. Mio padre ne aveva parlato pure bene, diceva che era un profeta, comunque una brava persona. E non ce l’aveva con noi musulmani né tifava per gli americani anche perché quando c’era lui, non c’erano ancora né l’Islam né l’America.
Ma ora che la maestra ha tolto il crocifisso, l’albero, il presepe, la festa di Natale, i canti e le preghiere perché offendevano me, una mia amichetta ha detto: ma perché sei così incazzuso e ti offendi per ogni cosa che abbiamo e festeggiamo noi? Ma io non mi offendo affatto, è lei, la maestra, che dice così. Ho paura che ci toglieranno pure Pasqua perché offende noi musulmani. Ho paura che si inventeranno qualcosa per toglierci pure le vacanze dell’estate e diranno che non si fanno perché noi musulmani odiamo il mare e preferiamo il deserto. Bugia, a me piace il mare. Io non so perché voi italiani vi vergognate di fare le cose che avete sempre fatto, di far vedere agli altri le cose che vi piacciono da sempre; non volete farci capire che pure voi avete un dio, solo che lo chiamate e lo vedete in altro modo. Ho l’impressione che questa maestra – che legge la Repubblica ma siccome è pluralista, come dice lei, porta a volte in classe l’Unità, Il fatto e Il manifesto – trova la scusa che c’è in classe l’islamico ma è lei che non sopporta il Natale. Forse perché s’annoia, forse perché da bambina perdeva a tombola, forse perché il marito la trova racchia, o non so, perché detesta la Croce, il Papa e tutti i suoi dipendenti. A me il presepe piace; mi piace meno quel panzone vestito di rosso, Babbo Natale, che mi sembra un pagliaccio carico di vizi, pensa solo a ingrassare e a farci ingrassare e mi fa pure paura perché è travestito. Anzi una volta ho chiesto alla maestra come si dice di uno che ama i bambini? E lei mi ha detto «pedofilo». Babbo Natale allora è pedofilo. Perché non lo mettete in galera? Ma poi non dite che lo fate per rispetto del bambino islamico. Smettetela perché se andiamo avanti così, nessuno mi invita più a giocare insieme. Non avete capito che a forza di rispettarmi, mi state escludendo da ogni vostra festa. Comunque ora che non ci sente la maestra dico la parolaccia: Buon Natale.
domenica 27 dicembre 2009
La Befana a Gatteo, 6 gennaio teatro Lina Pagliughi
Mercoledì, 6 gennaio tutti in teatro!
In occasione del centenario della morte di Don Luigi Ghinelli,
(Don Guanella sarà beato a marzo 2010)
alle ore 14 la recita intitolata:
"La vita di Don Luigi Ghinelli" (Dennis Faedi)
eseguita dai ragazzi del lab-Oratorio teatrale di Gatteo.
SEGUIRA' :
La premiazione del Presepe che la giuria avrà scelto tra quelli visitati per le vie di Gatteo.
L'estrazione dei biglietti vincenti della Lotteria di Natale 2009 alla presenza della nostra missionaria Suor Carla Raggini, che consegnerà il ricavato della vendita dei biglietti alle consorelle della Casa Famiglia Maria Madre della Tenerezza (in Brasile); dove sono ospitati diversi bambini in difficoltà.
Arriva la Befana....per tutti i bambini presenti, portando doni e tanta simpatia.
All'uscita sarà consegnato a tutti i presenti un segnalibro-ricordo, preparato dalle "famiglie dei figli in cielo" che per il secondo anno consecutivo sostengono queste opere parrocchiali a favore dei bambini e dei ragazzi del territorio.
In occasione del centenario della morte di Don Luigi Ghinelli,
(Don Guanella sarà beato a marzo 2010)
alle ore 14 la recita intitolata:
"La vita di Don Luigi Ghinelli" (Dennis Faedi)
eseguita dai ragazzi del lab-Oratorio teatrale di Gatteo.
SEGUIRA' :
La premiazione del Presepe che la giuria avrà scelto tra quelli visitati per le vie di Gatteo.
L'estrazione dei biglietti vincenti della Lotteria di Natale 2009 alla presenza della nostra missionaria Suor Carla Raggini, che consegnerà il ricavato della vendita dei biglietti alle consorelle della Casa Famiglia Maria Madre della Tenerezza (in Brasile); dove sono ospitati diversi bambini in difficoltà.
Arriva la Befana....per tutti i bambini presenti, portando doni e tanta simpatia.
All'uscita sarà consegnato a tutti i presenti un segnalibro-ricordo, preparato dalle "famiglie dei figli in cielo" che per il secondo anno consecutivo sostengono queste opere parrocchiali a favore dei bambini e dei ragazzi del territorio.
giovedì 24 dicembre 2009
Statue di Gesu Bambino nella storia della chiesa S.Lorenzo di Gatteo
La parrocchia di S.Lorenzo di Gatteo è in possesso di diverse statue di Gesù bambino provenienti da diversi periodi storici.
Eccole:
1) Gesù fasciato. É bello ma non ha valore artistico ed è di recente fabbricazione.
2) Gesù bambino con perizoma. Raffigurazione abbastanza antica (1600) di lunghezza 15-20 cm. Si pensa che il perizoma sia stato inserito successivamente e che la statua fosse inizialmente un angioletto da appendere, data la presenza di ganci sulla parte posteriore. Ha un certo valore artistico.
3) Gesù fanciullo. Raffigurazione di Gesù fanciullo di età 4-5 anni circa. Utilizzato da don Borghesi (1891-1965) il quale faceva svolgere una processione con questa immagine alla “Associazione della santa infanzia” il giorno d'Epifania.
4) Gesù piccolo. Forse è risalente al 1700. Al momento è danneggiato.(foto in arrivo)
5) Gesù bambino. Attualmente utilizzato in esposizione nella chiesa parocchiale, è di fabbricazione recente.
(foto: Dennis Faedi)
Eccole:
1) Gesù fasciato. É bello ma non ha valore artistico ed è di recente fabbricazione.
2) Gesù bambino con perizoma. Raffigurazione abbastanza antica (1600) di lunghezza 15-20 cm. Si pensa che il perizoma sia stato inserito successivamente e che la statua fosse inizialmente un angioletto da appendere, data la presenza di ganci sulla parte posteriore. Ha un certo valore artistico.
3) Gesù fanciullo. Raffigurazione di Gesù fanciullo di età 4-5 anni circa. Utilizzato da don Borghesi (1891-1965) il quale faceva svolgere una processione con questa immagine alla “Associazione della santa infanzia” il giorno d'Epifania.
4) Gesù piccolo. Forse è risalente al 1700. Al momento è danneggiato.(foto in arrivo)
5) Gesù bambino. Attualmente utilizzato in esposizione nella chiesa parocchiale, è di fabbricazione recente.
(foto: Dennis Faedi)
mercoledì 23 dicembre 2009
Gli strani presepi a Gatteo, foto
Sono diversi i modi e i materiali con i quali si può costruire presepe. A Gatteo quest'anno ne hanno esposto alcuni che sono delle opere d'arte e d'ingegno.
Ecco le foto:
GATTEO E I SUOI PRESEPI
In questi anni, per certi versi difficoltosi, nei quali le simbologie cristiane devono sopportare attacchi inconcepibili (leggi: rimozione dei crocefissi da luoghi pubblici) a Gatteo, così come in tanti altri paesi e località della nostra penisola e in tutto il mondo cristiano, ad ogni ricorrenza natalizia, si rinnova la bella e quasi commovente tradizione del presepe. Ognuno di noi ha ricordi indelebili fin dall’infanzia. Chi non ricorda la bella e magica avventura dell’allestimento del proprio presepe quando, aiutati dal babbo e sotto lo sguardo protettivo e compiaciuto della mamma, costruivamo la capanna con i zocchi di legna ritorti, ricoperti dal muschio e poi e poi tutto il resto, fino a quando, la vigilia di Natale, con reverenza e amore, nella piccolissima e rosea culla vi adagiavamo il nostro Bambin Gesù che già ci allargava le braccia per accogliere la nostra anima. Ed i Re Magi là. ad aspettare.
Quanti bei ricordi abbiamo detto.
Bene!!!! Il mondo continua eccome !!!!!!
E GATTEO, a proposito di presepi, vuole essere protagonista.
Quest’anno, per il terzo anno consecutivo, il Comitato che in estate organizza La Ligaza, si stà adoperando per allestire e soprattutto far allestire, nelle finestre, nelle vetrine, ed in ogni posto disponibile del centro storico di Gatteo, tanti e tanti presepi, di ogni dimensione e di ogni tipo. Ognuno stà contribuendo, dai privati ai bravi artigiani, alle associazioni tutte e soprattutto dalle ragazze e ragazzi ospiti dell’Opera Don Guanella, questi ultimi condotti dai bravi e volenterosi Cristian e Mario sotto l’occhio benevole di Don Vincenzo.
Il 18 Dicembre alle ore 20.30, presenti Don Giuseppe Brigliadori e Don Giuseppe Calandrini, meglio noti come il vecchio ed il nuovo arciprete, presente il sindaco Tiziano Gasperoni, nonché tutta la popolazione di Gatteo, avrà inizio ufficialmente la bella manifestazione. Partendo dall’oratorio di San Rocco, per l’occasione ricolmo di piccoli presepi, accompagnati dagli immancabili zampognari, che ci allieteranno con musiche e canti della tradizione, ci incammineremo per le vie del paese. Visiteremo i presepi più suggestivi, nonché l’imponente albero natalizio in piazza Vesi, addobbato con grandi scarponi natalizi dipinti dai bimbi dell’asilo, dai frequentatori dei centri ricreativi e da vari volontari. Sono previste alcune gradevoli soste al fuoco dei bracieri per un piccolo ristoro con panettone e vin brulè.
Viviamo questa bella iniziativa, viviamola come la visse San Francesco quando a Greccio prese vita il primo presepe.
Viviamola in consapevolezza e nella convinzione che, pur rispettando ogni idea diversa dalla nostra, abbiamo il dovere ed il diritto di affermare il nostro credo.
Ecco le foto:
Il presepe costruito con pietre.
Si trova a Gatteo, Istituto Don Ghinelli.
Maestro Cristian con i ragazzi disabili dell'Istituto
(quindi un immenso impegno e sacrificio nel farlo)
Il presepe riciclato di latta, esposto accanto
alla BCC di Gatteo in via Pascoli.
Il presepe di legno, rotonda Giovanni XXIII a Gatteo
Si trova a Gatteo, Istituto Don Ghinelli.
Maestro Cristian con i ragazzi disabili dell'Istituto
(quindi un immenso impegno e sacrificio nel farlo)
Il presepe riciclato di latta, esposto accanto
alla BCC di Gatteo in via Pascoli.
Il presepe di legno, rotonda Giovanni XXIII a Gatteo
GATTEO E I SUOI PRESEPI
In questi anni, per certi versi difficoltosi, nei quali le simbologie cristiane devono sopportare attacchi inconcepibili (leggi: rimozione dei crocefissi da luoghi pubblici) a Gatteo, così come in tanti altri paesi e località della nostra penisola e in tutto il mondo cristiano, ad ogni ricorrenza natalizia, si rinnova la bella e quasi commovente tradizione del presepe. Ognuno di noi ha ricordi indelebili fin dall’infanzia. Chi non ricorda la bella e magica avventura dell’allestimento del proprio presepe quando, aiutati dal babbo e sotto lo sguardo protettivo e compiaciuto della mamma, costruivamo la capanna con i zocchi di legna ritorti, ricoperti dal muschio e poi e poi tutto il resto, fino a quando, la vigilia di Natale, con reverenza e amore, nella piccolissima e rosea culla vi adagiavamo il nostro Bambin Gesù che già ci allargava le braccia per accogliere la nostra anima. Ed i Re Magi là. ad aspettare.
Quanti bei ricordi abbiamo detto.
Bene!!!! Il mondo continua eccome !!!!!!
E GATTEO, a proposito di presepi, vuole essere protagonista.
Quest’anno, per il terzo anno consecutivo, il Comitato che in estate organizza La Ligaza, si stà adoperando per allestire e soprattutto far allestire, nelle finestre, nelle vetrine, ed in ogni posto disponibile del centro storico di Gatteo, tanti e tanti presepi, di ogni dimensione e di ogni tipo. Ognuno stà contribuendo, dai privati ai bravi artigiani, alle associazioni tutte e soprattutto dalle ragazze e ragazzi ospiti dell’Opera Don Guanella, questi ultimi condotti dai bravi e volenterosi Cristian e Mario sotto l’occhio benevole di Don Vincenzo.
Il 18 Dicembre alle ore 20.30, presenti Don Giuseppe Brigliadori e Don Giuseppe Calandrini, meglio noti come il vecchio ed il nuovo arciprete, presente il sindaco Tiziano Gasperoni, nonché tutta la popolazione di Gatteo, avrà inizio ufficialmente la bella manifestazione. Partendo dall’oratorio di San Rocco, per l’occasione ricolmo di piccoli presepi, accompagnati dagli immancabili zampognari, che ci allieteranno con musiche e canti della tradizione, ci incammineremo per le vie del paese. Visiteremo i presepi più suggestivi, nonché l’imponente albero natalizio in piazza Vesi, addobbato con grandi scarponi natalizi dipinti dai bimbi dell’asilo, dai frequentatori dei centri ricreativi e da vari volontari. Sono previste alcune gradevoli soste al fuoco dei bracieri per un piccolo ristoro con panettone e vin brulè.
Viviamo questa bella iniziativa, viviamola come la visse San Francesco quando a Greccio prese vita il primo presepe.
presepe di sabbia |
lunedì 14 dicembre 2009
Tesina sulla solitudine
Aspetti negativi
Aspetti positivi
La lingua inglese ha due parole ben distinte per esprimere il concetto di solitudine: solitude e loneliness.
Il termine solitude indica l’aspetto positivo intrinseco alla solitudine, ovvero la capacità di stare bene con se stessi e di poter esprimere liberamente la propria creatività. Loneliness è invece l’opposto: è una condizione tipica delle società contemporanee legata all’ incapacità di vivere da soli, a un senso di smarrimento che porta ad una costante dipendenza da altri esseri umani.
Loneliness.
L’aspetto negativo della solitudine è relativo alla condizione di persone che non hanno più le risorse economiche o psicologiche per vivere, che non hanno più progetti; è ad esempio la solitudine del giovane che non trova ascolto all'interno della famiglia e con prospettive per il futuro incerte; può essere quella del lavoratore estromesso precocemente dal mondo produttivo, preoccupato dalla precarietà del suo impiego, dalla possibilità del licenziamento, della disoccupazione.
E' inoltre senz'altro quella che riguarda, almeno qualche volta nel corso dell'esistenza ciascun essere umano: capita infatti di ritirarsi da un mondo in cui ci se sente a disagio, circondati talora da norme e valori non condivisi.
La negatività della solitudine è ben rappresentata nella lirica di Quasimodo (Modica, 1901-Napoli,1968) ”Ed è subito sera”, parte della raccolta pre-ermetica Acque e terre (1930).
Ognuno sta solo sul cuor della terra
trafitto da un raggio di sole:
ed è subito sera.
I nuclei tematici di questa lirica sono la solitudine, la pena del vivere, e la morte, e sono espressi in tre versi secondo un modello di essenzialità che vagamente richiama la poetica ungarettiana dei versicoli e della poesia pura e che anticipa la corrente ermetica.
Nel primo verso: “Ognuno sta solo sul cuor della terra…” viene contrapposta la grandezza della terra alla limitatezza dell’uomo che pur vivendo al centro delle cose, si sente solo, incapace di comunicare con i suoi simili.
Nel secondo verso la pena del vivere è rappresentata da quel momento di felicità, definita “raggio di sole” che non riesce ad illuminare e quindi a rendere felice, l’uomo. Al contrario la felicità addolora l’uomo in quanto dona la consapevolezza di quanto effimera sia essa stessa.
Il sopraggiungere della sera "ed è subito sera" , è una metafora della morte che ne accentua la drammaticità, in quanto le illusioni crollano con il rapido sopraggiungere della sera, ovvero della fine della vita stessa.
Il tema dalla solitudine umana, insieme all’incombere della morte e agli altri grandi temi dell’espressionismo quali l’angoscia esistenziale, la crisi dei valori etici e religiosi, l’ incertezza del futuro e la disumanizzazione di una società borghese, é presente nella pittura del norvegese Edvard MUNCH (1863-1944).
Dopo aver subito diversi lutti, egli ha una visione della vita legata all’attesa angosciosa della morte.
(hm...alcuni sostengono che la morte può essere la liberazione)
Ne “IL GRIDO” (1893), realizzato con olio, tempera e pastelli su cartone, è condensato tutto il rapporto di angoscia che l’artista avverte nei confronti della vita. Lo spunto del quadro è infatti autobiografico ed è descritto nel suo diario:
“Camminavo lungo la strada con due amici quando il sole tramontò, il cielo si tinse all’improvviso di rosso sangue; mi fermai, mi appoggiai stanco morto ad un recinto ; sul fiordo nerazzurro e sulla città c’erano sangue e lingue di fuoco. I miei amici continuavano a camminare e io tremavo ancora di paura e sentivo che un grande urlo pervadeva la natura.”
L’uomo in primo piano che urla è l’artista stesso; sulla destra il paesaggio è innaturale: desolato e poco accogliente, mentre in alto il cielo è striato di un rosso drammatico. Il protagonista, come tutti i suoi personaggi, è rappresentato in maniera visionaria: ha un aspetto sinuoso che fa pensare ad uno spirito piuttosto che ad un vero corpo, è una figura spettrale che non ha riferimenti con la realtà ma la rappresenta per simboli universali: la testa è completamente calva come un teschio ricoperto da pelle mummificata, le guance smunte, gli occhi fissi hanno uno sguardo allucinato e terrorizzato, ha il naso quasi assente mentre la bocca si apre in uno spasmo innaturale. Proprio l’ovale della bocca è il centro compositivo del quadro: da esso le onde sonore del grido agitano sia il corpo dell’uomo sia le onde che definiscono il paesaggio ed il cielo. L’andamento curvilineo del quadro non coinvolge solo alcuni degli elementi compositivi, quali il ponte e le sagome dei suoi amici che, sordi all’urlo dell’uomo, sono incuranti della sua angoscia, testimoniando in questo modo la falsità dei rapporti umani.
(per fortuna c'è smartphone ehehehe)
Le linee nette e sinuose e i colori, contrastanti tra loro, puri e decisi e stesi per campiture piatte, hanno una valenza fortemente simbolica: l’intento dell’ artista è dipingere non quello che ha osservato, bensì ciò che ha provato e che l’ ha condotto a quell’ urlo disperato che si ripercuote in tutta la natura circostante.
Solitude.
Al contrario, il termine solitude, corrispondente ad una condizione cercata anziché subita, esprime una condizione intesa come opportunità di sviluppo interiore per poter riflettere.
-------------------
La felicità della solitudine:
Cercando d’individuare un percorso, si rende necessario rieducare le persone alla solitudine rendendola uno strumento che permette sia di realizzare un vero incontro, con il proprio sé, sia di far germogliare le emozioni che proviamo, leggiamo, sentiamo, compiamo ed inventiamo, sia di ridare valore al silenzio, come atto preparatorio al comunicare con gli altri.
La solitudine forzata:
Esistono dei casi in cui l’individuo non può sfuggire alla solitudine: condizioni in cui l’esterno impone alle persone la solitudine. Dalla solitudine forzata può nascere la creatività, come “dal fango è potuto nascere un fiore di loto”.
La solitudine voluta:
Si parla molto del desiderio e della paura della solitudine, poco della capacità d’essere soli. Durante il nostro sviluppo psicofisico, se non abbiamo subito dei traumi gravi, dall’infanzia ad oggi, abbiamo sperimentato, magari gradualmente, un essere soli anche in presenza dell’altro.
La fiducia, costruita dentro di noi negli anni della crescita, ci ha permesso di controllare la solitudine di riconoscere i sentimenti che animano la parte profonda della nostra mente e di esprimerli.
La solitudine diviene, così, condizione privilegiata e da ricercarsi per aiutare l’individuo ad integrare i pensieri interni con i sentimenti. La meditazione, e, a livello inconscio, il sonno operano questa trasformazione. Costruire un momento di solitudine e di silenzio aiuta la persona a ritrovare se stesso nell’oceano della vita. L’anelito di questo momento permette l’abbandono a qualcosa o qualcuno sopra di lui, in grado di dare significato alla vita, alle emozioni quotidiane ed al silenzio ricercato.
La solitudine, fuga o difesa:
Il saper star soli, rappresenta una preziosa risorsa. Permette agli uomini di entrare in contatto con i propri sentimenti più intimi, di riorganizzare le idee, di mutare atteggiamento.
Esiste ancora una forma di solitudine, quella più semplice, di tutti i giorni, che si realizza come via di fuga dalla tensione della vita quotidiana. Alcune persone isolandosi riescono ad evitare un leggero stato di depressione o di apatia ed investono in creatività.
Si può arrivare ad affermare che questo tipo d’investimento permette una vera e propria fuga dalla malattia mentale. Osservate le persone dedite prevalentemente al lavoro, sembra che non ne possano fare a meno. A volte si ha addirittura l’impressione che siano drogate. Non vi è da stupirsi se appaiono avide di lavoro. Per loro, forse, l’incapacità di reggere le emozioni di una relazione umana alla pari, le spinge alla solitudine. Spesso queste persone appaiono fredde, distaccate e poco accattivanti, ma è solo una conseguenza, volta a mascherare la debolezza e la vulnerabilità verso gli altri.
Io aggiungerei anche notissimo volume di Giordano "La solitudine dei numeri primi"
Aspetti positivi
La lingua inglese ha due parole ben distinte per esprimere il concetto di solitudine: solitude e loneliness.
Il termine solitude indica l’aspetto positivo intrinseco alla solitudine, ovvero la capacità di stare bene con se stessi e di poter esprimere liberamente la propria creatività. Loneliness è invece l’opposto: è una condizione tipica delle società contemporanee legata all’ incapacità di vivere da soli, a un senso di smarrimento che porta ad una costante dipendenza da altri esseri umani.
Loneliness.
L’aspetto negativo della solitudine è relativo alla condizione di persone che non hanno più le risorse economiche o psicologiche per vivere, che non hanno più progetti; è ad esempio la solitudine del giovane che non trova ascolto all'interno della famiglia e con prospettive per il futuro incerte; può essere quella del lavoratore estromesso precocemente dal mondo produttivo, preoccupato dalla precarietà del suo impiego, dalla possibilità del licenziamento, della disoccupazione.
E' inoltre senz'altro quella che riguarda, almeno qualche volta nel corso dell'esistenza ciascun essere umano: capita infatti di ritirarsi da un mondo in cui ci se sente a disagio, circondati talora da norme e valori non condivisi.
La negatività della solitudine è ben rappresentata nella lirica di Quasimodo (Modica, 1901-Napoli,1968) ”Ed è subito sera”, parte della raccolta pre-ermetica Acque e terre (1930).
Ognuno sta solo sul cuor della terra
trafitto da un raggio di sole:
ed è subito sera.
I nuclei tematici di questa lirica sono la solitudine, la pena del vivere, e la morte, e sono espressi in tre versi secondo un modello di essenzialità che vagamente richiama la poetica ungarettiana dei versicoli e della poesia pura e che anticipa la corrente ermetica.
Nel primo verso: “Ognuno sta solo sul cuor della terra…” viene contrapposta la grandezza della terra alla limitatezza dell’uomo che pur vivendo al centro delle cose, si sente solo, incapace di comunicare con i suoi simili.
Nel secondo verso la pena del vivere è rappresentata da quel momento di felicità, definita “raggio di sole” che non riesce ad illuminare e quindi a rendere felice, l’uomo. Al contrario la felicità addolora l’uomo in quanto dona la consapevolezza di quanto effimera sia essa stessa.
Il sopraggiungere della sera "ed è subito sera" , è una metafora della morte che ne accentua la drammaticità, in quanto le illusioni crollano con il rapido sopraggiungere della sera, ovvero della fine della vita stessa.
Il tema dalla solitudine umana, insieme all’incombere della morte e agli altri grandi temi dell’espressionismo quali l’angoscia esistenziale, la crisi dei valori etici e religiosi, l’ incertezza del futuro e la disumanizzazione di una società borghese, é presente nella pittura del norvegese Edvard MUNCH (1863-1944).
Dopo aver subito diversi lutti, egli ha una visione della vita legata all’attesa angosciosa della morte.
(hm...alcuni sostengono che la morte può essere la liberazione)
Ne “IL GRIDO” (1893), realizzato con olio, tempera e pastelli su cartone, è condensato tutto il rapporto di angoscia che l’artista avverte nei confronti della vita. Lo spunto del quadro è infatti autobiografico ed è descritto nel suo diario:
“Camminavo lungo la strada con due amici quando il sole tramontò, il cielo si tinse all’improvviso di rosso sangue; mi fermai, mi appoggiai stanco morto ad un recinto ; sul fiordo nerazzurro e sulla città c’erano sangue e lingue di fuoco. I miei amici continuavano a camminare e io tremavo ancora di paura e sentivo che un grande urlo pervadeva la natura.”
L’uomo in primo piano che urla è l’artista stesso; sulla destra il paesaggio è innaturale: desolato e poco accogliente, mentre in alto il cielo è striato di un rosso drammatico. Il protagonista, come tutti i suoi personaggi, è rappresentato in maniera visionaria: ha un aspetto sinuoso che fa pensare ad uno spirito piuttosto che ad un vero corpo, è una figura spettrale che non ha riferimenti con la realtà ma la rappresenta per simboli universali: la testa è completamente calva come un teschio ricoperto da pelle mummificata, le guance smunte, gli occhi fissi hanno uno sguardo allucinato e terrorizzato, ha il naso quasi assente mentre la bocca si apre in uno spasmo innaturale. Proprio l’ovale della bocca è il centro compositivo del quadro: da esso le onde sonore del grido agitano sia il corpo dell’uomo sia le onde che definiscono il paesaggio ed il cielo. L’andamento curvilineo del quadro non coinvolge solo alcuni degli elementi compositivi, quali il ponte e le sagome dei suoi amici che, sordi all’urlo dell’uomo, sono incuranti della sua angoscia, testimoniando in questo modo la falsità dei rapporti umani.
(per fortuna c'è smartphone ehehehe)
Le linee nette e sinuose e i colori, contrastanti tra loro, puri e decisi e stesi per campiture piatte, hanno una valenza fortemente simbolica: l’intento dell’ artista è dipingere non quello che ha osservato, bensì ciò che ha provato e che l’ ha condotto a quell’ urlo disperato che si ripercuote in tutta la natura circostante.
Solitude.
Al contrario, il termine solitude, corrispondente ad una condizione cercata anziché subita, esprime una condizione intesa come opportunità di sviluppo interiore per poter riflettere.
-------------------
La felicità della solitudine:
Cercando d’individuare un percorso, si rende necessario rieducare le persone alla solitudine rendendola uno strumento che permette sia di realizzare un vero incontro, con il proprio sé, sia di far germogliare le emozioni che proviamo, leggiamo, sentiamo, compiamo ed inventiamo, sia di ridare valore al silenzio, come atto preparatorio al comunicare con gli altri.
La solitudine forzata:
Esistono dei casi in cui l’individuo non può sfuggire alla solitudine: condizioni in cui l’esterno impone alle persone la solitudine. Dalla solitudine forzata può nascere la creatività, come “dal fango è potuto nascere un fiore di loto”.
La solitudine voluta:
Si parla molto del desiderio e della paura della solitudine, poco della capacità d’essere soli. Durante il nostro sviluppo psicofisico, se non abbiamo subito dei traumi gravi, dall’infanzia ad oggi, abbiamo sperimentato, magari gradualmente, un essere soli anche in presenza dell’altro.
La fiducia, costruita dentro di noi negli anni della crescita, ci ha permesso di controllare la solitudine di riconoscere i sentimenti che animano la parte profonda della nostra mente e di esprimerli.
La solitudine diviene, così, condizione privilegiata e da ricercarsi per aiutare l’individuo ad integrare i pensieri interni con i sentimenti. La meditazione, e, a livello inconscio, il sonno operano questa trasformazione. Costruire un momento di solitudine e di silenzio aiuta la persona a ritrovare se stesso nell’oceano della vita. L’anelito di questo momento permette l’abbandono a qualcosa o qualcuno sopra di lui, in grado di dare significato alla vita, alle emozioni quotidiane ed al silenzio ricercato.
La solitudine, fuga o difesa:
Il saper star soli, rappresenta una preziosa risorsa. Permette agli uomini di entrare in contatto con i propri sentimenti più intimi, di riorganizzare le idee, di mutare atteggiamento.
Esiste ancora una forma di solitudine, quella più semplice, di tutti i giorni, che si realizza come via di fuga dalla tensione della vita quotidiana. Alcune persone isolandosi riescono ad evitare un leggero stato di depressione o di apatia ed investono in creatività.
Si può arrivare ad affermare che questo tipo d’investimento permette una vera e propria fuga dalla malattia mentale. Osservate le persone dedite prevalentemente al lavoro, sembra che non ne possano fare a meno. A volte si ha addirittura l’impressione che siano drogate. Non vi è da stupirsi se appaiono avide di lavoro. Per loro, forse, l’incapacità di reggere le emozioni di una relazione umana alla pari, le spinge alla solitudine. Spesso queste persone appaiono fredde, distaccate e poco accattivanti, ma è solo una conseguenza, volta a mascherare la debolezza e la vulnerabilità verso gli altri.
Io aggiungerei anche notissimo volume di Giordano "La solitudine dei numeri primi"
domenica 13 dicembre 2009
Fusione Cassa di Risparmio di Cesena e Unibanca
Clienti e dipendenti non dovrebbero accorgersi di nulla, ma la fusione della Cassa di Risparmio di Cesena con Unibanca garantirà un bel risparmio: dalle prime stime almeno 6 milioni di euro.
La fusione della holding con la banca controllata permetterà in primo luogo di aggirare le nuove norme sull'Iva volute dal ministro dell'Economia Tremonti: "Risparmieremo fino a due milioni di euro sui pagamenti Iva infragruppo - ha affermato in conferenza stampa il direttore generale di Unibanca e Crc Adriano Gentili - ed altri 8 o 900 mila euro sulla tassazione dei dividendi infragruppo".
Risparmi virtuali questi, dato che permettono di non pagare tasse di nuova introduzione. Diverso è il caso dei risparmi in strutture e servizi: "Il contratto di gestione del nostro servizio informatico è arrivato a scadenza - ha spiegato il presidente di Unibanca Germano Lucchi - così abbiamo colto l'occasione per cambiare fornitore di servizi, da Cedacli a Cse. In questo modo risparmieremo fino a 3 milioni di euro".
Bisogna mettere in conto poi le "poltrone" che salteranno nella fusione: ci sarà un solo Cda e un solo consiglio di revisori dei conti, con meno persone e meno riunioni. Unibanca al momento ha un consiglio d'amministrazione di 13 persone, la Cassa di Risparmio di Cesena di 9. Il numero dei nuovi amministratori non è stato ancora deciso ma oggi molto spesso la stessa persona siede in entrambi i Cda.
Con questa fusione però la Cassa di Risparmio di Cesena non torna all'antico, restando comunque una holding: "Manterremo il controllo della Banca di Romagna - ha spiegato Bruno Piraccini, presidente della Carisp - e questo ci permetterà di mantenere quel patrimonio di regole, impostazioni e sistemi organizzativi che
Unibanca ha saputo creare in dieci anni. Questa è una fusione che nasce dal basso: l'iniziativa è venuta dalla banca e le Fondazioni l'hanno sposata".
Il piano fusione e razionalizzazione dei costi messo a punto dal direttore Gentili, lodato dai vertici di Unibanca, non prevede tagli al personale, tanto che i sindacati non hanno mosso rilievi in merito. Diverso sarebbe stato il caso di una fusione con la Banca di Romagna, che avrebbe quanto meno comportato alcuni trasferimenti da Faenza e Lugo a Cesena.
Ridotti i costi e varato il piano industriale per i prossimi tre anni, la banca si prepara ad un aumento di capitale di 24,3 milioni di euro, con l'emissione di una nuova azione ogni 20 vecchie al prezzo di 18,50 euro contro un valore ad azione stimato in 19,35 euro. In questo modo sarà garantito lo sviluppo della banca, anche con l'apertura di nuovi sportelli, secondo le indicazioni del piano industriale triennale 2010-2012.
Michelangelo Bucci
La fusione della holding con la banca controllata permetterà in primo luogo di aggirare le nuove norme sull'Iva volute dal ministro dell'Economia Tremonti: "Risparmieremo fino a due milioni di euro sui pagamenti Iva infragruppo - ha affermato in conferenza stampa il direttore generale di Unibanca e Crc Adriano Gentili - ed altri 8 o 900 mila euro sulla tassazione dei dividendi infragruppo".
Risparmi virtuali questi, dato che permettono di non pagare tasse di nuova introduzione. Diverso è il caso dei risparmi in strutture e servizi: "Il contratto di gestione del nostro servizio informatico è arrivato a scadenza - ha spiegato il presidente di Unibanca Germano Lucchi - così abbiamo colto l'occasione per cambiare fornitore di servizi, da Cedacli a Cse. In questo modo risparmieremo fino a 3 milioni di euro".
Bisogna mettere in conto poi le "poltrone" che salteranno nella fusione: ci sarà un solo Cda e un solo consiglio di revisori dei conti, con meno persone e meno riunioni. Unibanca al momento ha un consiglio d'amministrazione di 13 persone, la Cassa di Risparmio di Cesena di 9. Il numero dei nuovi amministratori non è stato ancora deciso ma oggi molto spesso la stessa persona siede in entrambi i Cda.
Con questa fusione però la Cassa di Risparmio di Cesena non torna all'antico, restando comunque una holding: "Manterremo il controllo della Banca di Romagna - ha spiegato Bruno Piraccini, presidente della Carisp - e questo ci permetterà di mantenere quel patrimonio di regole, impostazioni e sistemi organizzativi che
Unibanca ha saputo creare in dieci anni. Questa è una fusione che nasce dal basso: l'iniziativa è venuta dalla banca e le Fondazioni l'hanno sposata".
Il piano fusione e razionalizzazione dei costi messo a punto dal direttore Gentili, lodato dai vertici di Unibanca, non prevede tagli al personale, tanto che i sindacati non hanno mosso rilievi in merito. Diverso sarebbe stato il caso di una fusione con la Banca di Romagna, che avrebbe quanto meno comportato alcuni trasferimenti da Faenza e Lugo a Cesena.
Ridotti i costi e varato il piano industriale per i prossimi tre anni, la banca si prepara ad un aumento di capitale di 24,3 milioni di euro, con l'emissione di una nuova azione ogni 20 vecchie al prezzo di 18,50 euro contro un valore ad azione stimato in 19,35 euro. In questo modo sarà garantito lo sviluppo della banca, anche con l'apertura di nuovi sportelli, secondo le indicazioni del piano industriale triennale 2010-2012.
Michelangelo Bucci
martedì 17 novembre 2009
Centro per le Famiglie, incontri "I FIGLI SONO COME GLI AQUILONI"
Il "Centro per le Famiglie"
di Savignano sul Rubicone
organizza
SERATE PUBBLICHE
come occasione di ascolto, confronto, scambio su tematiche riguardanti
l'infanzia, l'adolescenza e la relazione fra genitori e figli.
I FIGLI SONO COME GLI AQUILONI
(...)"Giorno dopo giorno
l'aquilone si allontana sempre di piu
e tu senti che non passerà molto
tempo
prima che quella bella creatura
spezzi il filo che vi unisce
e si innalzi: come è giusto che sia, libera e sola.
Allora soltanto saprai di aver assolto il tuo compito "~
(Erma Bombeck)
PROGRAMMA DEGLI INCONTRI
Martedì 3 Novembre 2009
ore 20.30
"Comunicazione ed emozioni nei legami familiari"
Relatore: Enrico Mantovani
Martedì 17 Novembre 2009
ore 20.30
"Tutti i nomi delle emozioni . . come riconoscere le espressioni emotive dei nostri figli" Relatrice: Francesca Contento
Martedì 1 Dicembre 2009
ore 20.30
"Ti racconto...mi racconto..
parlare ai nostri figli per parlare
a noi"
Relatrice: Silvia Donati
Martedì 15 Dicembre 2009
ore 20.30
"Il significato del regalo . .. ai tempi della play-station"
Relatore: Enrico Mantovani
LA PARTECIPAZIONE E' GRATUITA
GLI INCONTRI SONO PUBBLICI
(Non serve l'iscrizione)
Le serate pubbliche si terranno presso il Centro per le Famiglie di Savignano sul Rubicone, in Via Roma, 10 (ex Direzione Didattica)
PER INFO
"Centro per le Famiglie"
te1: 0541/943595
dal Lunedì al Venerdì
dalle ore 9.00 alle ore 13.00
cpf@unionecomunidelrubicone.fc.it
di Savignano sul Rubicone
organizza
SERATE PUBBLICHE
come occasione di ascolto, confronto, scambio su tematiche riguardanti
l'infanzia, l'adolescenza e la relazione fra genitori e figli.
I FIGLI SONO COME GLI AQUILONI
(...)"Giorno dopo giorno
l'aquilone si allontana sempre di piu
e tu senti che non passerà molto
tempo
prima che quella bella creatura
spezzi il filo che vi unisce
e si innalzi: come è giusto che sia, libera e sola.
Allora soltanto saprai di aver assolto il tuo compito "~
(Erma Bombeck)
PROGRAMMA DEGLI INCONTRI
Martedì 3 Novembre 2009
ore 20.30
"Comunicazione ed emozioni nei legami familiari"
Relatore: Enrico Mantovani
Martedì 17 Novembre 2009
ore 20.30
"Tutti i nomi delle emozioni . . come riconoscere le espressioni emotive dei nostri figli" Relatrice: Francesca Contento
Martedì 1 Dicembre 2009
ore 20.30
"Ti racconto...mi racconto..
parlare ai nostri figli per parlare
a noi"
Relatrice: Silvia Donati
Martedì 15 Dicembre 2009
ore 20.30
"Il significato del regalo . .. ai tempi della play-station"
Relatore: Enrico Mantovani
LA PARTECIPAZIONE E' GRATUITA
GLI INCONTRI SONO PUBBLICI
(Non serve l'iscrizione)
Le serate pubbliche si terranno presso il Centro per le Famiglie di Savignano sul Rubicone, in Via Roma, 10 (ex Direzione Didattica)
PER INFO
"Centro per le Famiglie"
te1: 0541/943595
dal Lunedì al Venerdì
dalle ore 9.00 alle ore 13.00
cpf@unionecomunidelrubicone.fc.it
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