Opere dell'artista Gianfranco Zavalloni sono in mostra al Caffè - Cultura (Rua Antonio de Albuquerque, 781, Savassi) fino al 28 febbraio, tutti giorni e Domenica dalle 17 alle 23.
L'ingresso è gratuito.
Café-Cultura, dove si mangia benissimo, ci sono libri, musica e arte in genere.
Gianfranco Zavalloni; quel Preside geniale della Scuola Media di Gatteo (2000/2004), poi di Sogliano e un educatore d'eccellenza del nostro territorio ora si trova in Brasile a Belo Horizonte e lavora al consolato italiano occupandosi della cultura e delle scuole italiane.
"Disegno i miei soggetti classici, in bianco e nero. Disegno anche con carboncino-pastello e coloro. Mi piacerebbe un giorno disegnare dal vivo.
Lavoro molto in ufficio, da quando c'é la nuova capo che ama la cultura.... faccio proposte, creo contatti, elaboro progetti.
E´appena uscito il libro ORTI DI PACE - Il lavoro della terra come via educativa (Ed EMI di Bologna).
Ho nostalgia della Romagna..." - confessa Gianfranco.
E questa è l'intervista a Gianfranco Zavalloni apparsa nel "Tempo" intitolata: "Artista italiano si ispira alla semplicità infantile per creare disegni realizzati con la penna di bambù che lui stesso ha costruito".
giovedì 17 febbraio 2011
mercoledì 16 febbraio 2011
Arriverà Emma e i Modà, testo, youtube
Piangerai come pioggia tu piangerai e te ne andrai
come le foglie nell’autunno triste tu te ne andrai
certa che mai ti perdonerei
Ma si sveglierà il tuo cuore
in un giorno d’estate rovente
in cui il sole sarà
E cambierai la tristezza dei pianti
in sorrisi lucenti tu sorriderai
E arriverà il sapore del bacio più dolce
e un abbraccio che ti scalderà
Arriverà una frase e una luna di quelle
che poi ti sorprenderà
Arriverà la mia pelle a curar le tue voglie
la magia delle stelle
Penserai che la vita è ingiusta
e piangerai e ripenserai
alla volta in cui non ti ho detto no
Non ti lascerò mai
poi di colpo di buio intorno a noi
ma si sveglierà il tuo cuore
in un giorno d’estate rovente in cui il sole sarà
E cambierai la tristezza dei pianti
in sorrisi lucenti tu sorriderai
E arriverà il sapore del bacio più dolce
e un abbraccio che ti scalderà
Arriverà una frase
e una luna di quelle che poi ti sorprenderà
Arriverà la mia pelle a curar le tue voglie
la magia delle stelle
La poesia della neve che cade e rumore non fa
La mia pelle a curar le tue voglie
La poesia della neve che cade e rumore non fa.
Arriverà anche la nuova edizione dello storico concorso canoro di Gatteo, un evento che porterà sul palco i migliori giovani talenti italiani, compresi tra i 10 e i 18 anni; il Festival di Gatteo 2011 sarà quindi un’ottima occasione per assistere ad esibizioni di nuovi cantanti emergenti.
Le categorie del Festival di Gatteo 2011 rimangono le stesse di sempre:
Emergenti per i bambini dai 10 ai13 anni,
Between dai 14 ai 17 anni e
Big, per i ragazzi dai 18 anni in su.
Ogni categoria avrà un proprio premio in palio con borse di studio per i vincitori dell’edizione. Gli appuntamenti del Festival di Gatteo prevedono sia le fasi del concorso, sia esibizioni fuori concorso di bambini delle scuole materne ed elementari.
Il primo appuntamento con il Festival di Gatteo 2011 si terrà il 27 Febbraio, per poi continuare il 6, 13 e 20 Marzo presso il Teatro Lina Pagliughi; le iscrizioni sono aperte dal 1 Febbraio da Giovanni Tomassini.
come le foglie nell’autunno triste tu te ne andrai
certa che mai ti perdonerei
Ma si sveglierà il tuo cuore
in un giorno d’estate rovente
in cui il sole sarà
E cambierai la tristezza dei pianti
in sorrisi lucenti tu sorriderai
E arriverà il sapore del bacio più dolce
e un abbraccio che ti scalderà
Arriverà una frase e una luna di quelle
che poi ti sorprenderà
Arriverà la mia pelle a curar le tue voglie
la magia delle stelle
Penserai che la vita è ingiusta
e piangerai e ripenserai
alla volta in cui non ti ho detto no
Non ti lascerò mai
poi di colpo di buio intorno a noi
ma si sveglierà il tuo cuore
in un giorno d’estate rovente in cui il sole sarà
E cambierai la tristezza dei pianti
in sorrisi lucenti tu sorriderai
E arriverà il sapore del bacio più dolce
e un abbraccio che ti scalderà
Arriverà una frase
e una luna di quelle che poi ti sorprenderà
Arriverà la mia pelle a curar le tue voglie
la magia delle stelle
La poesia della neve che cade e rumore non fa
La mia pelle a curar le tue voglie
La poesia della neve che cade e rumore non fa.
Arriverà anche la nuova edizione dello storico concorso canoro di Gatteo, un evento che porterà sul palco i migliori giovani talenti italiani, compresi tra i 10 e i 18 anni; il Festival di Gatteo 2011 sarà quindi un’ottima occasione per assistere ad esibizioni di nuovi cantanti emergenti.
Le categorie del Festival di Gatteo 2011 rimangono le stesse di sempre:
Emergenti per i bambini dai 10 ai13 anni,
Between dai 14 ai 17 anni e
Big, per i ragazzi dai 18 anni in su.
Ogni categoria avrà un proprio premio in palio con borse di studio per i vincitori dell’edizione. Gli appuntamenti del Festival di Gatteo prevedono sia le fasi del concorso, sia esibizioni fuori concorso di bambini delle scuole materne ed elementari.
Il primo appuntamento con il Festival di Gatteo 2011 si terrà il 27 Febbraio, per poi continuare il 6, 13 e 20 Marzo presso il Teatro Lina Pagliughi; le iscrizioni sono aperte dal 1 Febbraio da Giovanni Tomassini.
sabato 12 febbraio 2011
San Valentino, festa di amore e di amanti
La festa di San Valentino è stata istituita da Papa Gelasio I circa due secoli dopo la morte del Santo cui è dedicata, (avvenuta per decapitazione 14 febbraio 269 d.C.) per ricordare il messaggio d’amore che questi cercò di diffondere con le proprie opere e miracoli durante tutta la sua vita..
Tale ricorrenza è oggi arcinota come la festa di amore e viene celebrata in gran parte del mondo occidentale, ma anche in estremo oriente, visto che San Valentino e patrono di innamorati riconosciuto dalla chiesa cattolica, anglicana e ortodossa.
In generale la si celebra scambiando i doni e i bigliettini d'affetto.
Tradizionalmente a farla da padrone in questa occasione sono gli omaggi floreali, soprattutto i mazzi di rose rosse, fiori simbolo di amore e sensualità per anonomasia.
Storia e leggende su San Valentino:
Il patrono degli amanti (medico d'istruzione) era un vescovo di Terni consacrato a soli 21 anni, martirizzato a morte il 14 febbraio 269 dC.
A quei tempi, Valentino suscitò l’ira dell’imperatore Claudio II che voleva abolire il matrimonio essendo dell’opinione che gli uomini sposati sono pessimi soldati.
Valentino incoraggiò i giovani fidanzati a venire da lui di nascosto per ricevere la sua benedizione di matrimonio.
Tentò anzi di convertire l'imperatore al Cristianesimo. Claudio II alla fine lo graziò dall'esecuzione capitale affidandolo ad una nobile famiglia.
Poi venne arrestato la seconda volta a 97 anni agli ordini dell'imperatore Aureliano durante la persecuzione dei cristiani, e morì per mano del soldato romano Furius Placidus.
Mentre era in prigione aspettando la sua esecuzione si affezionò della figlia cieca del suo guardiano e le fece ritrovare la sua vista. Poco prima di essere decapitato le diede dei fogli a forma di CUORE con la scritta: DAL TUO VALENTINO!
- si racconta che visti due giovani litigare lungo il suo cammino Valentino allungò loro una rosa e disse ad entrambi di stringerla tra le mani...poco dopo i ragazzi se ne andarono via riappacificati;
infine, si dice che due giovani innamorati, Serapia e Sabino, ostacolati dai genitori si rivolsero a lui quando la giovane donna era in punto di morte per essere uniti in matrimonio; lui battezzò il giovane che confessò di non voler vivere senza la sua amata, il Santo li sposò e poco dopo l'unione i giovani morirono entrambi.
Perchè il 14 febbraio?
Ma vi è anche una credenza su Charles d'Orléans, che avrebbe inviato lettere d'amore a Maria di Clèves il 14 febbraio, quando questi fu prigioniero di guerra in Inghilterra, definendo la mogle: "ma tres doulce Valentinée" (mia dolcissima Valentina).
Un'altra credenza è che a metà febbraio, quando la primavera si avvicina, gli uccelli cominciano costruire nidi d'amore.
Fiori simbolo d’amore
* Viole del pensiero: sei sempre nei miei pensieri;
* Ciclamino: amore senza pretese;
* Garofano bianco: amore puro;
* Orchidea: sensualità e ricercatezza;
* Tulipani rossi: dichiarazione d’amore;
* Mughetto: felicità ritrovata;
* Fiori d’arancio: richiesta di matrimonio.
Perchè non unire tutti questi fiori insieme in un bouquet?
INFINE I SIMBOLI DI SAN VALENTINO:
-CUORE: simbolo per eccellenza della vita, dell'amore; San Valentino mentre era in prigione aspettando la sua esecuzione si affezionò della figlia del suo guardiano e le fece ritrovare la sua vista. Poco prima di essere decapitato le diede dei fogli a forma di CUORE con la scritta: DAL TUO VALENTINO!
-AMORINI: angioletti che rappresentano la purezza, la sincerità...e che proteggono gli innamorati;
Nella mitologia romana Cupido è il dio dell’amore. Viene rappresentato da un ragazzo poco vestito con arco e freccia. Si dice che se una di queste frecce ti colpisce ti innamori della prima persona che incontri.
-CIOCCOLATINI: dolci e morbidi sono diventati il regalo per eccellenza tra gli innamorati: è un allusione alla dolcezza, alla tenerezza e all'intensità che suscita l'altra persona in chi li regala. Infatti, i ricercatori hanno scoperto che esiste un ormone per il desiderio d’amore, feniletilamina, presente anche nella cioccolata.
- ROSE ROSSE: fiori simbolo di amore e sensualità per anonomasia, erano il fiore preferito della dea Venere, la dea dell'Amore presso i Romani. Inoltre, il rosso è sempre stato il colore che significa sentimenti molto forti.
- MERLETTO: è sempre stato usato per ricamare fazzoletti. A volte le dame lasciavano cadere il proprio fazzoletto apposta per farlo raccogliere dall'uomo che le interessava. I merletti sono diventati sinonimo di romanticismo.
- NODI D'AMORE: una serie di giri e nodi senza fine e senza inizio. Simbolo di amore eterno, presenti anche nelle tradizione celtiche.
COPIA DI PICCIONI -
Si narra che due fidanzati stavano litigando e San Valentino vedendoli li fece riconciliare facendo volare loro intorno decine di coppie di piccioni. Da questo episodio deriverebbe anche l’espressione «piccioncini» riferita agli innamorati.
- CARTOLINE D'AMORE ; Uno dei più semplici e popolari regali di San Valentino è il biglietto di auguri, che inviamo al nostro amato.
La cartolina più vecchia ritrovata era stata inviata da Carlo, duca di Orleans, incarcerato nella torre di Londra. Mandò una cartolina (14 FEBBRAIO) a sua moglie Maria di Clèves con una poesia d’amore.
Se si scrivono queste „XXX“ alla fine di una lettera d’amore si dimentica probabilmente che si tratta di una tradizione che risale agli inizi del cristianesimo quando la X rappresentava la croce come simbolo della fede. Per tanto tempo la croce rappresentava anche la firma dal momento che solo poche persone era capaci di scrivere. Scrivendo una X bisognava baciare la croce con valore di un giuramento. Da questo baciare la croce risulta la X come simbolo per baci.
Ma oggi sarebbe più propizio parlare di sms così detti "valentine", messaggi d'amore.
Tale ricorrenza è oggi arcinota come la festa di amore e viene celebrata in gran parte del mondo occidentale, ma anche in estremo oriente, visto che San Valentino e patrono di innamorati riconosciuto dalla chiesa cattolica, anglicana e ortodossa.
In generale la si celebra scambiando i doni e i bigliettini d'affetto.
Tradizionalmente a farla da padrone in questa occasione sono gli omaggi floreali, soprattutto i mazzi di rose rosse, fiori simbolo di amore e sensualità per anonomasia.
Storia e leggende su San Valentino:
Il patrono degli amanti (medico d'istruzione) era un vescovo di Terni consacrato a soli 21 anni, martirizzato a morte il 14 febbraio 269 dC.
A quei tempi, Valentino suscitò l’ira dell’imperatore Claudio II che voleva abolire il matrimonio essendo dell’opinione che gli uomini sposati sono pessimi soldati.
Valentino incoraggiò i giovani fidanzati a venire da lui di nascosto per ricevere la sua benedizione di matrimonio.
Tentò anzi di convertire l'imperatore al Cristianesimo. Claudio II alla fine lo graziò dall'esecuzione capitale affidandolo ad una nobile famiglia.
Poi venne arrestato la seconda volta a 97 anni agli ordini dell'imperatore Aureliano durante la persecuzione dei cristiani, e morì per mano del soldato romano Furius Placidus.
Mentre era in prigione aspettando la sua esecuzione si affezionò della figlia cieca del suo guardiano e le fece ritrovare la sua vista. Poco prima di essere decapitato le diede dei fogli a forma di CUORE con la scritta: DAL TUO VALENTINO!
- si racconta che visti due giovani litigare lungo il suo cammino Valentino allungò loro una rosa e disse ad entrambi di stringerla tra le mani...poco dopo i ragazzi se ne andarono via riappacificati;
infine, si dice che due giovani innamorati, Serapia e Sabino, ostacolati dai genitori si rivolsero a lui quando la giovane donna era in punto di morte per essere uniti in matrimonio; lui battezzò il giovane che confessò di non voler vivere senza la sua amata, il Santo li sposò e poco dopo l'unione i giovani morirono entrambi.
Perchè il 14 febbraio?
Ma vi è anche una credenza su Charles d'Orléans, che avrebbe inviato lettere d'amore a Maria di Clèves il 14 febbraio, quando questi fu prigioniero di guerra in Inghilterra, definendo la mogle: "ma tres doulce Valentinée" (mia dolcissima Valentina).
Un'altra credenza è che a metà febbraio, quando la primavera si avvicina, gli uccelli cominciano costruire nidi d'amore.
Fiori simbolo d’amore
* Viole del pensiero: sei sempre nei miei pensieri;
* Ciclamino: amore senza pretese;
* Garofano bianco: amore puro;
* Orchidea: sensualità e ricercatezza;
* Tulipani rossi: dichiarazione d’amore;
* Mughetto: felicità ritrovata;
* Fiori d’arancio: richiesta di matrimonio.
Perchè non unire tutti questi fiori insieme in un bouquet?
INFINE I SIMBOLI DI SAN VALENTINO:
-CUORE: simbolo per eccellenza della vita, dell'amore; San Valentino mentre era in prigione aspettando la sua esecuzione si affezionò della figlia del suo guardiano e le fece ritrovare la sua vista. Poco prima di essere decapitato le diede dei fogli a forma di CUORE con la scritta: DAL TUO VALENTINO!
-AMORINI: angioletti che rappresentano la purezza, la sincerità...e che proteggono gli innamorati;
Nella mitologia romana Cupido è il dio dell’amore. Viene rappresentato da un ragazzo poco vestito con arco e freccia. Si dice che se una di queste frecce ti colpisce ti innamori della prima persona che incontri.
-CIOCCOLATINI: dolci e morbidi sono diventati il regalo per eccellenza tra gli innamorati: è un allusione alla dolcezza, alla tenerezza e all'intensità che suscita l'altra persona in chi li regala. Infatti, i ricercatori hanno scoperto che esiste un ormone per il desiderio d’amore, feniletilamina, presente anche nella cioccolata.
- ROSE ROSSE: fiori simbolo di amore e sensualità per anonomasia, erano il fiore preferito della dea Venere, la dea dell'Amore presso i Romani. Inoltre, il rosso è sempre stato il colore che significa sentimenti molto forti.
- MERLETTO: è sempre stato usato per ricamare fazzoletti. A volte le dame lasciavano cadere il proprio fazzoletto apposta per farlo raccogliere dall'uomo che le interessava. I merletti sono diventati sinonimo di romanticismo.
- NODI D'AMORE: una serie di giri e nodi senza fine e senza inizio. Simbolo di amore eterno, presenti anche nelle tradizione celtiche.
COPIA DI PICCIONI -
Si narra che due fidanzati stavano litigando e San Valentino vedendoli li fece riconciliare facendo volare loro intorno decine di coppie di piccioni. Da questo episodio deriverebbe anche l’espressione «piccioncini» riferita agli innamorati.
- CARTOLINE D'AMORE ; Uno dei più semplici e popolari regali di San Valentino è il biglietto di auguri, che inviamo al nostro amato.
La cartolina più vecchia ritrovata era stata inviata da Carlo, duca di Orleans, incarcerato nella torre di Londra. Mandò una cartolina (14 FEBBRAIO) a sua moglie Maria di Clèves con una poesia d’amore.
Se si scrivono queste „XXX“ alla fine di una lettera d’amore si dimentica probabilmente che si tratta di una tradizione che risale agli inizi del cristianesimo quando la X rappresentava la croce come simbolo della fede. Per tanto tempo la croce rappresentava anche la firma dal momento che solo poche persone era capaci di scrivere. Scrivendo una X bisognava baciare la croce con valore di un giuramento. Da questo baciare la croce risulta la X come simbolo per baci.
Ma oggi sarebbe più propizio parlare di sms così detti "valentine", messaggi d'amore.
martedì 8 febbraio 2011
Eh già..Vasco Rossi compie 59 anni, youtube e testo
Testo della canzone
Eh già
sembrava la fine del mondo
ma sono ancora qua
Ci vuole abilità
eh, già
il freddo quando arriva poi va via
il tempo di inventarsi un’altra diavoleria
Eh, già
sembrava la fine del mondo
ma sono qua
e non c’è niente che non va
non c’è niente da cambiare
Col cuore che batte più forte
la vita che va e non va
al diavolo non si vende
si regala
Con l’anima che si pente
metà e metà
con l’aria, col sole
con la rabbia nel cuore
con l’odio, l’amore
in quattro parole…
…io sono ancora qua!
Eh, già
eh, già
…io sono ancora qua!
Eh, già
ormai io sono vaccinato, sai
ci vuole fantasia
e allora che si fa?
eh, già
riprenditi la vita che vuoi tu
io resto sempre in bilico
più o meno, su per giù
più giù, più su
più giù, più su
più su, più giù
più su, più giù
più su, più giù
più su
Col cuore che batte più forte
la vita che va e non va
con quello che non si prende
con quello che non si dà
Poi l’anima che si arrende
alla malinconia
poi piango, poi rido
poi non mi decido
cosa succederà?
Col cuore che batte più forte
la notte ha da passà
al diavolo non si vende
…io sono ancora qua!
Eh, già
eh, già
…io sono ancora qua!
Eh, già
eh, già
…io sono ancora qua!
…io sono ancora qua!
Eh, già
eh, già
Eh già
sembrava la fine del mondo
ma sono ancora qua
Ci vuole abilità
eh, già
il freddo quando arriva poi va via
il tempo di inventarsi un’altra diavoleria
Eh, già
sembrava la fine del mondo
ma sono qua
e non c’è niente che non va
non c’è niente da cambiare
Col cuore che batte più forte
la vita che va e non va
al diavolo non si vende
si regala
Con l’anima che si pente
metà e metà
con l’aria, col sole
con la rabbia nel cuore
con l’odio, l’amore
in quattro parole…
…io sono ancora qua!
Eh, già
eh, già
…io sono ancora qua!
Eh, già
ormai io sono vaccinato, sai
ci vuole fantasia
e allora che si fa?
eh, già
riprenditi la vita che vuoi tu
io resto sempre in bilico
più o meno, su per giù
più giù, più su
più giù, più su
più su, più giù
più su, più giù
più su, più giù
più su
Col cuore che batte più forte
la vita che va e non va
con quello che non si prende
con quello che non si dà
Poi l’anima che si arrende
alla malinconia
poi piango, poi rido
poi non mi decido
cosa succederà?
Col cuore che batte più forte
la notte ha da passà
al diavolo non si vende
…io sono ancora qua!
Eh, già
eh, già
…io sono ancora qua!
Eh, già
eh, già
…io sono ancora qua!
…io sono ancora qua!
Eh, già
eh, già
lunedì 31 gennaio 2011
Maturita' 2011, materie, esami, prove
Ecco da comunicato della Ministra dell’Istruzione Mariastella Gelmini:
Latino al Classico, matematica allo Scientifico, lingua straniera al liceo Linguistico per la seconda prova scritta all'esame di maturità 2011.
Le prove scritte dell'esame di Stato 2010/2011 si terranno il 22 giugno, prima prova, e il 23 giugno, seconda prova.
Padagogia è la materia scelta per la seconda prova dei maturandi del liceo pedagogico. Per gli studenti del liceo artistico è invece stato scelto disegno geometrico, prospettiva e architettura.
Tutte le materie della maturità 2011 potranno essere consultate sul sito del ministero dell'Istruzione, www.istruzione.it.
Per quanto riguarda gli istituti tecnici e professionali, ha aggiunto Gelmini, le materie scelte sono: economia aziendale per l'istituto tecnico commerciale; costruzioni per l'istituto tecnico per geometri; tecnica turistica per l'istituto tecnico per il turismo; alimenti e alimentazione per l'istituto professionale per i servizi alberghieri e della ristorazione; tecnica amministrativa per l'istituto professionale per i servizi sociali.
Infine, macchine a fluido è la materia stabilita per l'istituto professionale per tecnico delle industrie meccaniche. Per il settore artistico (licei e istituti d'arte) la materia di seconda prova ha carattere progettuale e laboratoriale (architettura, ceramica, mosaico, marmo, oreficeria, solo per citarne alcune) e si svolge in tre giorni.Il ministro ha ricordato come siano state scelte materie che oltre a caratterizzare i diversi indirizzi di studio hanno una dimensione tecnico-pratico-laboratoriale. Per questa ragione, ha ricordato, la seconda prova può essere svolta, come per il passato, in forma scritta o grafica o scritto-grafica o scritto-pratica, utilizzando eventualmente anche i laboratori d'istituto.
Da quest’anno le tracce della maturità arriveranno per via telematica. Uno strumento nuovo e differente, che segna inesorabilmente il passaggio vero la telecomunicazione
Latino al Classico, matematica allo Scientifico, lingua straniera al liceo Linguistico per la seconda prova scritta all'esame di maturità 2011.
Le prove scritte dell'esame di Stato 2010/2011 si terranno il 22 giugno, prima prova, e il 23 giugno, seconda prova.
Padagogia è la materia scelta per la seconda prova dei maturandi del liceo pedagogico. Per gli studenti del liceo artistico è invece stato scelto disegno geometrico, prospettiva e architettura.
Tutte le materie della maturità 2011 potranno essere consultate sul sito del ministero dell'Istruzione, www.istruzione.it.
Per quanto riguarda gli istituti tecnici e professionali, ha aggiunto Gelmini, le materie scelte sono: economia aziendale per l'istituto tecnico commerciale; costruzioni per l'istituto tecnico per geometri; tecnica turistica per l'istituto tecnico per il turismo; alimenti e alimentazione per l'istituto professionale per i servizi alberghieri e della ristorazione; tecnica amministrativa per l'istituto professionale per i servizi sociali.
Infine, macchine a fluido è la materia stabilita per l'istituto professionale per tecnico delle industrie meccaniche. Per il settore artistico (licei e istituti d'arte) la materia di seconda prova ha carattere progettuale e laboratoriale (architettura, ceramica, mosaico, marmo, oreficeria, solo per citarne alcune) e si svolge in tre giorni.Il ministro ha ricordato come siano state scelte materie che oltre a caratterizzare i diversi indirizzi di studio hanno una dimensione tecnico-pratico-laboratoriale. Per questa ragione, ha ricordato, la seconda prova può essere svolta, come per il passato, in forma scritta o grafica o scritto-grafica o scritto-pratica, utilizzando eventualmente anche i laboratori d'istituto.
Da quest’anno le tracce della maturità arriveranno per via telematica. Uno strumento nuovo e differente, che segna inesorabilmente il passaggio vero la telecomunicazione
venerdì 14 gennaio 2011
Eventi a Gambettola e Gatteo a Gennaio
Sabato 15 gennaio 2011 alle ore 16,00
presso il Centro Culturale Federico Fellini, corso Mazzini n. 75,
il poeta Tonino Guerra e il giornalista Salvatore Giannella
presentano il libro La valle del Kamasutra (ed. Bompiani)
Dal 15 al 23 gennaio 2011
il Teatro Comunale di Gambettola, piazza 2° Risorgimento,
ospita la mostra:
I COLORI CHE RIDONO
gli arazzi luminosi ideati da Tonino Guerra
e realizzati dalla Stamperia Pascucci di Gambettola
Orari: 17,00-19,00 / 21,00-22,30
Sabato, 15 gennaio a Gatteo
Teatro Lina Pagliughi
ore 21 come ogni anno
I PASQUAROLI
la serata organizzata dall'Associazione "Il Castello e Dintorni"
presso il Centro Culturale Federico Fellini, corso Mazzini n. 75,
il poeta Tonino Guerra e il giornalista Salvatore Giannella
presentano il libro La valle del Kamasutra (ed. Bompiani)
Dal 15 al 23 gennaio 2011
il Teatro Comunale di Gambettola, piazza 2° Risorgimento,
ospita la mostra:
I COLORI CHE RIDONO
gli arazzi luminosi ideati da Tonino Guerra
e realizzati dalla Stamperia Pascucci di Gambettola
Orari: 17,00-19,00 / 21,00-22,30
Sabato, 15 gennaio a Gatteo
Teatro Lina Pagliughi
ore 21 come ogni anno
I PASQUAROLI
la serata organizzata dall'Associazione "Il Castello e Dintorni"
lunedì 27 dicembre 2010
Auguri Buon Anno a Gatteo
Programma della Festa degli Auguri, pomeriggio di musica e spettacolo in programma per l'1/1/11 per dare il benvenuto al nuovo anno.
Piazza Vesi dalle ore 15,30.
Si esibirannoaccompagnati dall'orchestra il "Grande evento" diretta dal maestro M.Conficconi i:
BARCELLONA
ATTENTI A NOI DUE
LUCA BERGAMINI e BAIARDI E MAKARENA
BORGHESI
CASADEI DANZE CESENA
PATRIZIA CECCARELLI
GRUPPO CICOGNANI DANZE
CRISA DANZE
EDMONDO COMANDINI
I CUBA CUBA
LUCA MILANI
IL MULINO DEL PO
ANDREA SCALA
RENZO TOMASSINI
GLI ZETA ..............
e tanti altri ancora.
Il tutto condotto da Gianni Sirole e Andrea Masoni e presentato in diretta su Teleromagna e su SKY canale 8
INGRESSO LIBERO
Piazza Vesi dalle ore 15,30.
Si esibirannoaccompagnati dall'orchestra il "Grande evento" diretta dal maestro M.Conficconi i:
BARCELLONA
ATTENTI A NOI DUE
LUCA BERGAMINI e BAIARDI E MAKARENA
BORGHESI
CASADEI DANZE CESENA
PATRIZIA CECCARELLI
GRUPPO CICOGNANI DANZE
CRISA DANZE
EDMONDO COMANDINI
I CUBA CUBA
LUCA MILANI
IL MULINO DEL PO
ANDREA SCALA
RENZO TOMASSINI
GLI ZETA ..............
e tanti altri ancora.
Il tutto condotto da Gianni Sirole e Andrea Masoni e presentato in diretta su Teleromagna e su SKY canale 8
INGRESSO LIBERO
Antichi negozianti di Gatteo
Una targa per i negozianti più attaccati al loro esercizio.
L'amministrazione comunale di Gatteo ha premiato cinque titolari (ormai pensionati) di esercizi pubblici che per decine di anni hanno operato sul territorio comunale.
La premiazione è avvenuta il 18 dicembre nella sala consigliare efettuata dal sindaco Tiziano Gasperoni alla presenza degli assesori.
"Credo che molti di voi possono ancora raccontare i tempi in cui si andava a comprare il pane o i generi alimentari con il librettino cosidetto "dei segni". Ora il tutto è cambiato. Oggi si paga con la carta di credito. Con questo premio abbiamo voluto ringraziarvi per quello che avete operato con una targa che non può certo ricompensarvi del lavoro fatto per tanti anni (per questo sono i $$$ e la pensione guadagnati n.d.r.), ma che resterà nelle vostre case" - ha detto Gasperoni.
I premiati sono:
Antonio Buda e Anna Guerra con attivita di lavanderia prima e merceria poi in via Garibaldi dal 1955 al 2001
Giovanna Crociati alimenteri in via Garibaldi dal 1945 al 2009 (64 anni!)
Maria Giovanna Fabbri forno in piazza Vesi dal 1950 al 2000
Romano Mazzotti e Rosanna Rossi con la tabaccheria in via Garibaldi dal 1962 al 2010
Elisabetta Pizzinelli detta Maura forno al Castello dal 1963 al 2004.
Il negozio più vecchio di tutti è il forno in piazza Vesi che aprì i battenti in 1860.
I commercianti che fanno parte dell'associazione "Il Castello e dintorni" hanno ringraziato e hanno detto di avere fatto per una vita il lavoro con tanta passione e amore, di aver sempre tenuto un bel rapporto con i clienti che non erano quelli della fretta e del mordi e fuggi di oggi, ma si fermavano a fare quattro chiacchere. Negozi, come è stato sottolineato da tutti dove primeggiava il rapporto personale con i clienti.
L'amministrazione comunale di Gatteo ha premiato cinque titolari (ormai pensionati) di esercizi pubblici che per decine di anni hanno operato sul territorio comunale.
La premiazione è avvenuta il 18 dicembre nella sala consigliare efettuata dal sindaco Tiziano Gasperoni alla presenza degli assesori.
"Credo che molti di voi possono ancora raccontare i tempi in cui si andava a comprare il pane o i generi alimentari con il librettino cosidetto "dei segni". Ora il tutto è cambiato. Oggi si paga con la carta di credito. Con questo premio abbiamo voluto ringraziarvi per quello che avete operato con una targa che non può certo ricompensarvi del lavoro fatto per tanti anni (per questo sono i $$$ e la pensione guadagnati n.d.r.), ma che resterà nelle vostre case" - ha detto Gasperoni.
I premiati sono:
Antonio Buda e Anna Guerra con attivita di lavanderia prima e merceria poi in via Garibaldi dal 1955 al 2001
Giovanna Crociati alimenteri in via Garibaldi dal 1945 al 2009 (64 anni!)
Maria Giovanna Fabbri forno in piazza Vesi dal 1950 al 2000
Romano Mazzotti e Rosanna Rossi con la tabaccheria in via Garibaldi dal 1962 al 2010
Elisabetta Pizzinelli detta Maura forno al Castello dal 1963 al 2004.
Il negozio più vecchio di tutti è il forno in piazza Vesi che aprì i battenti in 1860.
I commercianti che fanno parte dell'associazione "Il Castello e dintorni" hanno ringraziato e hanno detto di avere fatto per una vita il lavoro con tanta passione e amore, di aver sempre tenuto un bel rapporto con i clienti che non erano quelli della fretta e del mordi e fuggi di oggi, ma si fermavano a fare quattro chiacchere. Negozi, come è stato sottolineato da tutti dove primeggiava il rapporto personale con i clienti.
martedì 21 dicembre 2010
Testo riforma Gelmini
Dopo una lunghissima sessione parlamentare la Camera ha dato il via libera al DDL Gelmini, un provvedimento fortemente contrastato sia dalle opposizioni parlamentari che dalla grande maggioranza degli studenti che hanno protestato in maniera veemente con cortei, scioperi e occupazioni. Molto si è dibattuto in merito alla Riforma Gelmini, con il Governo che ha parlato di “svolta epocale” e le opposizioni di “disastro omeopatico”; proviamo dunque a fare chiarezza sui principali punti in oggetto.
Norme anti – baroni e Parentopoli: Il divieto di chiamata da parte degli Atenei per docenti fino al quarto grado di parentela con un altro docente universitario della stessa sede accademica è considerato uno dei cavalli di battaglia della lotta anti – parentopoli. Tuttavia, in sede di discussione il testo è stato emendato e la norma si applica ora solo all’interno dello stesso dipartimento o struttura.
Settore ricerca: La Riforma contiene un articolato passaggio nel quale si programmano “interventi volti a favorire la formazione e l’accesso dei giovani studiosi alla carriera accademica“. Il nuovo sistema per i ricercatori sarà basato su contratti di 6 anni, al termine dei quali l’Ateneo deciderà se confermare una assunzione a tempo determinato o terminare il rapporto lavorativo. Di opposto parere le opposizioni che parlano di “meccanismo lento e farraginoso” citando l’esempio di Kostya Novoselov, 36 anni e nobel per la fisica che in Italia “non sarebbe ancora un professore”.
Meritocrazia: Il cuore della Riforma prevede norme volte a garantire “trasparenza e meritocrazia nelle assunzioni”, anche attraverso il varo di un codice etico per evitare incompatibilità e conflitti di interessi e la maggiore presenza di membri esterni nei “nuclei di valutazione del merito”. Su questo punto c’è grande scetticismo, dal momento che non è ancora chiaro il modo in cui si intende agire nel concreto (ricordando anche gli ultimi anni di immobilismo).
Fusioni e riorganizzazione interna: Agli Atenei sarà data la possibilità di fondersi o federarsi tra loro, mentre allo stesso tempo non potranno avere più di 12 facoltà e dovranno introdurre membri esterni nel loro Cda. Caustica la risposta di opposizioni e organizzazioni studentesche: miriade di norme, di nessuna efficacia senza dettagliati regolamenti attuativi.
Diritto allo Studio: la costituzione del fondo nazionale per il merito per assegnare borse di studio e prestiti d’onore è una delle novità sostanziali, anche se in effetti i tagli ai trasferimenti e la carenza di risorse potrebbero ostacolare un progetto molto ambizioso.
Concorsi e Commissioni: Il decreto Gelmini “introduce l’abilitazione nazionale come condizione per l’accesso all’associazione e all’ordinariato“, attribuita da una commissione in base a specifici parametri di qualità (a far parte di tale organismo anche membri stranieri). In seguito i posti saranno attribuiti a seguito di procedure pubbliche di selezione bandite dalle singole università. Sotto questo aspetto va registrata una seppur minima convergenza tra gli schieramenti parlamentari anche se in Aula non è mancato il riferimento al mancato controllo operato finora dal Ministero proprio in tema di trasparenza e rigore.
Controllo e gestione finanziaria: è questo il vero terreno di scontro fra le opposte fazioni. La Riforma prevede l’introduzione della contabilità economico-patrimoniale uniforme, secondo criteri nazionali concordati tra MIUR e Tesoro, di fatto una sorta di “commissariamento” al Ministero guidato da Giulio Tremonti secondo molti esponenti del mondo accademico. Durissimo il dibattito sulle risorse complessive messe a disposizione per la Riforma, con il Governo che garantisce la consistenza dei fondi e le opposizioni che, dopo aver setacciato il decreto, rilevano “solo generiche promesse ed imprecisi riferimenti”. Non mancano in effetti locuzioni del tipo “secondo le disponibilità del momento” “relativamente alle risorse” e finanche un “fino a…” che hanno provocato le proteste e i tentativi di correzione nell’infuocato dibattito parlamentare.
Scuola pubblica – scuola privata: sulla effettiva volontà di rilanciare il settore pubblico da parte del Governo vi sono opinioni discordanti. Mentre il Ministro pone l’accento sul coraggio di innovare e cambiare il volto all’Istruzione Pubblica, gli studenti individuano in alcuni punti del decreto il “segno di una resa incondizionata”, il “via libera ad una scuola pubblica mediocre ed a basso costo” e incentivi “a scuole e centri di eccellenza privati e riservati a pochi”.
Norme anti – baroni e Parentopoli: Il divieto di chiamata da parte degli Atenei per docenti fino al quarto grado di parentela con un altro docente universitario della stessa sede accademica è considerato uno dei cavalli di battaglia della lotta anti – parentopoli. Tuttavia, in sede di discussione il testo è stato emendato e la norma si applica ora solo all’interno dello stesso dipartimento o struttura.
Settore ricerca: La Riforma contiene un articolato passaggio nel quale si programmano “interventi volti a favorire la formazione e l’accesso dei giovani studiosi alla carriera accademica“. Il nuovo sistema per i ricercatori sarà basato su contratti di 6 anni, al termine dei quali l’Ateneo deciderà se confermare una assunzione a tempo determinato o terminare il rapporto lavorativo. Di opposto parere le opposizioni che parlano di “meccanismo lento e farraginoso” citando l’esempio di Kostya Novoselov, 36 anni e nobel per la fisica che in Italia “non sarebbe ancora un professore”.
Meritocrazia: Il cuore della Riforma prevede norme volte a garantire “trasparenza e meritocrazia nelle assunzioni”, anche attraverso il varo di un codice etico per evitare incompatibilità e conflitti di interessi e la maggiore presenza di membri esterni nei “nuclei di valutazione del merito”. Su questo punto c’è grande scetticismo, dal momento che non è ancora chiaro il modo in cui si intende agire nel concreto (ricordando anche gli ultimi anni di immobilismo).
Fusioni e riorganizzazione interna: Agli Atenei sarà data la possibilità di fondersi o federarsi tra loro, mentre allo stesso tempo non potranno avere più di 12 facoltà e dovranno introdurre membri esterni nel loro Cda. Caustica la risposta di opposizioni e organizzazioni studentesche: miriade di norme, di nessuna efficacia senza dettagliati regolamenti attuativi.
Diritto allo Studio: la costituzione del fondo nazionale per il merito per assegnare borse di studio e prestiti d’onore è una delle novità sostanziali, anche se in effetti i tagli ai trasferimenti e la carenza di risorse potrebbero ostacolare un progetto molto ambizioso.
Concorsi e Commissioni: Il decreto Gelmini “introduce l’abilitazione nazionale come condizione per l’accesso all’associazione e all’ordinariato“, attribuita da una commissione in base a specifici parametri di qualità (a far parte di tale organismo anche membri stranieri). In seguito i posti saranno attribuiti a seguito di procedure pubbliche di selezione bandite dalle singole università. Sotto questo aspetto va registrata una seppur minima convergenza tra gli schieramenti parlamentari anche se in Aula non è mancato il riferimento al mancato controllo operato finora dal Ministero proprio in tema di trasparenza e rigore.
Controllo e gestione finanziaria: è questo il vero terreno di scontro fra le opposte fazioni. La Riforma prevede l’introduzione della contabilità economico-patrimoniale uniforme, secondo criteri nazionali concordati tra MIUR e Tesoro, di fatto una sorta di “commissariamento” al Ministero guidato da Giulio Tremonti secondo molti esponenti del mondo accademico. Durissimo il dibattito sulle risorse complessive messe a disposizione per la Riforma, con il Governo che garantisce la consistenza dei fondi e le opposizioni che, dopo aver setacciato il decreto, rilevano “solo generiche promesse ed imprecisi riferimenti”. Non mancano in effetti locuzioni del tipo “secondo le disponibilità del momento” “relativamente alle risorse” e finanche un “fino a…” che hanno provocato le proteste e i tentativi di correzione nell’infuocato dibattito parlamentare.
Scuola pubblica – scuola privata: sulla effettiva volontà di rilanciare il settore pubblico da parte del Governo vi sono opinioni discordanti. Mentre il Ministro pone l’accento sul coraggio di innovare e cambiare il volto all’Istruzione Pubblica, gli studenti individuano in alcuni punti del decreto il “segno di una resa incondizionata”, il “via libera ad una scuola pubblica mediocre ed a basso costo” e incentivi “a scuole e centri di eccellenza privati e riservati a pochi”.
sabato 30 ottobre 2010
La notte dei morti, Giovanni Pascoli
LA NOTTE DEI MORTI
I
La casa è serrata; ma desta:
ne fuma alla luna il camino.
Non filano o torcono: è festa.
Scoppietta il castagno, il paiolo
borbotta. Sul desco c'è il vino,
cui spilla il capoccio da solo.
In tanto essi pregano al lume
del fuoco: via via la corteccia
schizza arida... Mormora il fiume
con rotto fragore di breccia...
II
È forse (io non odo: non sento
che il fiume passare, portare
quel murmure al mare) d'un lento
vegliardo la tremula voce
che intuona il rosario, e che pare
che venga da sotto una croce,
da sotto un gran peso; da lunge
Quei poveri vecchi bisbigli
sonora una romba raggiunge
col trillo dei figli de' figli.
III
Oh! i morti! Pregarono anch'essi,
la notte dei morti, per quelli
che tacciono sotto i cipressi.
Passarono... O cupo tinnito
di squille dagli ermi castelli!
o fiume dall'inno infinito!
Passarono... Sopra la luna
che tacita sembra che chiami,
io vedo passare un velo, una
breve ombra, ma bianca, di sciami.
Da MyrIcae - GIOVANNI PASCOLI
"Rimangano, rimangano questi canti
sulla tomba di mio padre! ...
Sono frulli d'uccelli,
stormire di cipressi,
lontano cantare di campane:
non disdicono a un camposanto. [...]
Uomo che leggi,
furono uomini che apersero quella tomba.
E in quella finì tutta una famiglia.
E la tomba [...] è greggia,
tetra, nera. Ma l'uomo che da quel nero
ha oscurata la vita,
ti chiama a benedire la vita,
che è bella, tutta bella; cioè sarebbe;
se noi non la guastassimo a noi e agli altri".
Così inizia la prefazione che Giovanni Pascoli (1855 - 1913) premise nel 1894 alla terza edizione del suo primo libro di poesie, Myricae.
Evidentemente il poeta vuole preannunciare senza equivoci quello che ad una semplice lettura appare come il carattere dominante della raccolta: il tema mortuario, solo in parte bilanciato, come indica il seguito della prefazione, da quello di una natura materna e rasserenatrice... Ma altrettanto esplicita è la scelta di introdurre a partire da questa stessa edizione la raccolta con un nuovo testo, Il giorno dei morti, eccezionalmente lungo (212 versi) e posto in particolarissima evidenza: precede addirittura la pagina che reca il titolo complessivo del libro.
Il giorno dei morti è un componimento di notevole interesse, anche per valutare quanto profondamente inquietante e radicato sia nel poeta il suo personalissimo "mito" della morte. I morti della famiglia, a cominciare naturalmente dal padre assassinato, più la madre e vari fratelli e sorelle, stanno nel camposanto morti sì ma, nella fantasia ossessiva del poeta, misteriosamente coscienti, consapevoli e attenti a ciò che accade nel mondo dei vivi, ancora in un certo senso vivi, ma solo di dolore. Così sembra a Pascoli di vederli:
Io vedo, vedo, vedo un camposanto,
oscura cosa nella notte oscura:
odo quel pianto della tomba, pianto
d'occhi lasciati dalla morte attenti,
pianto di cuori cui la sepoltura lasciò,
ma solo di dolor, viventi.
E in un giorno dei morti battuto dalla pioggia essi si stringono assieme, come a ricostituire sottoterra un'unità familiare, quella vera, più profonda.
Stretti tutti insieme,
insieme tutta la famiglia morta,
sotto il cipresso fumido che geme,
stretti così come altre sere al foco.
Si parlano l'un l'altro, si rivolgono al poeta, ma soprattutto incessantemente piangono, piangono per lamentare la condizione di oblio, di abbandono in cui si sentono lasciati.
E qui appare l'aspetto più inquietante appunto della fantasia mortuaria pascoliana: i morti abbandonati, indifesi, disperati, sono però qualcuno a cui ci si rivolge per cercare protezione, o meglio riconciliazione, se non perdono. Per quale colpa? Quella di essere vivi. Questo in fondo è l'animo con cui il pensiero di Giovanni Pascoli si rivolge al congiunto che un giorno sotterra, al verno, si risvegliò dal sogno della vita.
I
La casa è serrata; ma desta:
ne fuma alla luna il camino.
Non filano o torcono: è festa.
Scoppietta il castagno, il paiolo
borbotta. Sul desco c'è il vino,
cui spilla il capoccio da solo.
In tanto essi pregano al lume
del fuoco: via via la corteccia
schizza arida... Mormora il fiume
con rotto fragore di breccia...
II
È forse (io non odo: non sento
che il fiume passare, portare
quel murmure al mare) d'un lento
vegliardo la tremula voce
che intuona il rosario, e che pare
che venga da sotto una croce,
da sotto un gran peso; da lunge
Quei poveri vecchi bisbigli
sonora una romba raggiunge
col trillo dei figli de' figli.
III
Oh! i morti! Pregarono anch'essi,
la notte dei morti, per quelli
che tacciono sotto i cipressi.
Passarono... O cupo tinnito
di squille dagli ermi castelli!
o fiume dall'inno infinito!
Passarono... Sopra la luna
che tacita sembra che chiami,
io vedo passare un velo, una
breve ombra, ma bianca, di sciami.
Da MyrIcae - GIOVANNI PASCOLI
"Rimangano, rimangano questi canti
sulla tomba di mio padre! ...
Sono frulli d'uccelli,
stormire di cipressi,
lontano cantare di campane:
non disdicono a un camposanto. [...]
Uomo che leggi,
furono uomini che apersero quella tomba.
E in quella finì tutta una famiglia.
E la tomba [...] è greggia,
tetra, nera. Ma l'uomo che da quel nero
ha oscurata la vita,
ti chiama a benedire la vita,
che è bella, tutta bella; cioè sarebbe;
se noi non la guastassimo a noi e agli altri".
Così inizia la prefazione che Giovanni Pascoli (1855 - 1913) premise nel 1894 alla terza edizione del suo primo libro di poesie, Myricae.
Evidentemente il poeta vuole preannunciare senza equivoci quello che ad una semplice lettura appare come il carattere dominante della raccolta: il tema mortuario, solo in parte bilanciato, come indica il seguito della prefazione, da quello di una natura materna e rasserenatrice... Ma altrettanto esplicita è la scelta di introdurre a partire da questa stessa edizione la raccolta con un nuovo testo, Il giorno dei morti, eccezionalmente lungo (212 versi) e posto in particolarissima evidenza: precede addirittura la pagina che reca il titolo complessivo del libro.
Il giorno dei morti è un componimento di notevole interesse, anche per valutare quanto profondamente inquietante e radicato sia nel poeta il suo personalissimo "mito" della morte. I morti della famiglia, a cominciare naturalmente dal padre assassinato, più la madre e vari fratelli e sorelle, stanno nel camposanto morti sì ma, nella fantasia ossessiva del poeta, misteriosamente coscienti, consapevoli e attenti a ciò che accade nel mondo dei vivi, ancora in un certo senso vivi, ma solo di dolore. Così sembra a Pascoli di vederli:
Io vedo, vedo, vedo un camposanto,
oscura cosa nella notte oscura:
odo quel pianto della tomba, pianto
d'occhi lasciati dalla morte attenti,
pianto di cuori cui la sepoltura lasciò,
ma solo di dolor, viventi.
E in un giorno dei morti battuto dalla pioggia essi si stringono assieme, come a ricostituire sottoterra un'unità familiare, quella vera, più profonda.
Stretti tutti insieme,
insieme tutta la famiglia morta,
sotto il cipresso fumido che geme,
stretti così come altre sere al foco.
Si parlano l'un l'altro, si rivolgono al poeta, ma soprattutto incessantemente piangono, piangono per lamentare la condizione di oblio, di abbandono in cui si sentono lasciati.
E qui appare l'aspetto più inquietante appunto della fantasia mortuaria pascoliana: i morti abbandonati, indifesi, disperati, sono però qualcuno a cui ci si rivolge per cercare protezione, o meglio riconciliazione, se non perdono. Per quale colpa? Quella di essere vivi. Questo in fondo è l'animo con cui il pensiero di Giovanni Pascoli si rivolge al congiunto che un giorno sotterra, al verno, si risvegliò dal sogno della vita.
venerdì 29 ottobre 2010
Rassegna cinematografica alla biblioteca di Gatteo
Comune di Gatteo
Assessorato alla Cultura
Associazione Diffusione Musica
Biblioteca Comunale Ceccarelli
Centro Culturale “Gli Antonelli”
Via Roma, 13 - Gatteo
Ingresso gratuito
Info: 0541932377
Oltre lo schermo
Rassegna cinematografica per ragazzi
Per ragionare, condividere e approfondire divertendosi tematiche diverse legate al mondo giovanile
“Io la capisco, sai, questa vostra esigenza di autonomia. E’ una cosa sana, una cosa bella. Anche a me, alla vostra età…certe regole…bisogna stare a tavola con i genitori, mamma mia. Mi facevano impazzire!”
(Dal film: “Caterina va in città”)
L'avventura nella capitale della famiglia Iacovoni: Giancarlo è un insegnante di ragioneria animato da propositi di riscossa, che tra le pareti domestiche soffoca di complessi la moglie provinciale Agata e spinge la figlia Caterina a farsi avanti tra le amiche della classe che hanno alle spalle una famiglia rilevante. La ragazzina, col suo spaesamento ed il suo candore, diviene oggetto di contesa e di rivalità tra Margherita e Daniela, la prima figlia di una scrittrice e di un noto intellettuale, la seconda rampolla di un importante esponente dell'attuale governo...
Con "Caterina va in città" il regista di "Ovosodo" e "My name is Tanino", Paolo Virzì, ci porta con Caterina, la giovane protagonista della pellicola, che si trasferisce con la famiglia da Montaldo di Castro a Roma, nella caotica quotidianità della grande capitale, che sconvolgerà sia la sua esistenza che quella dei genitori.
Questa opera del regista toscano, più che un racconto di formazione, è una galleria di preoccupanti personaggi che costellano l'alta borghesia romana. Caterina è lo sguardo neutro e ancora incontaminato con cui osserviamo questa realtà deviata e confusa che sicuramente offre molti spunti comici, ma se si pensa che ciò che viene mostrato ha una certa dose di verosimiglianza ci si deprime velocemente. In una visione forse troppo manichea e forzatamente politicizzata assistiamo prima al rapporto di amicizia fra Caterina e una adolescente "comunista" e poi, da contraltare, alle frequentazioni tra la giovane protagonista ed un gruppo frutto delle viscere di fascisti in fase di rinnegamento. Ovunque si guardi c'è una serie di persone viziate, che hanno perso ogni punto di riferimento e cercano con il lanternino la vera felicità. Ma il trauma vive purtroppo anche all'interno della famiglia "normale" di Caterina, dove abbiamo un padre alla ricerca di un briciolo di celebrità ed una madre anestetizzata ed in balia degli eventi che la circondano.
Virzì esagera nelle caratterizzazioni dei personaggi, ma lo fa volutamente per colpire e per interrogarci con più forza su dove stiamo andando a finire. Il suo film è un'interessante riflessione sulle ultime due generazioni che sembrano aver perso il senso dei valori, abbagliate come sono dalla notorietà (soprattutto televisiva) e da un'esistenza fatta di eccessi. Ottime tutte le interpretazioni, che danno solidità alle contraddizioni che vivono nei vari protagonisti; su tutti brilla Sergio Castellitto, colui che più fa ridere e più dà da pensare.
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Due hippy spacciatori, Billy e Wyatt, viaggiano dalla West alla East Coast a bordo delle loro motociclette, vivendo alla giornata ed incappando in numerose disavventure. Sul loro percorso, i due amici incontreranno diversi personaggi singolari, tra cui un avvocato alcolista che li accompagnerà, per un breve tratto, nella loro avventura.
Quando si parla del road-movie per eccellenza, quando si immagina una colonna sonora in puro stile rock, quando oltre a tutto questo si aggiunge una realtà settantottina, droga e razzismo, ci si imbatte contro il muro di “Easy Rider”, diretto da Dennis Hopper. Una storia scarnificata all’osso viene condita con personaggi di straordinaria bellezza, unici nel loro genere, il tutto messo in viaggio attraverso le bellezze naturali che vanno dall’arida costa californiana sino alla verdeggiante Florida, dove si incontrano individui e realtà spaventosamente reali all’epoca.
Il lavoro di Dennis Hopper (regista e sceneggiatore) e di Peter Fonda (co-sceneggiatore), ai tempi, fu uno schiaffo alle menti del pubblico, un risveglio sotto l’acqua gelida: immagini bombardanti, una cromia in continua evoluzione dal caldo della terra del deserto al nero pece delle lingue di asfalto. L’accompagnamento musicale è fra i più celebri della storia del cinema ed, in certi momenti, allo spettatore, per completare l’opera di totale assuefazione agli straordinari quadri naturalistici, mancherebbe soltanto percepire il vento sul proprio volto, assieme alla terra sotto i propri piedi. L’audacia del giovane Dennis si percepisce sin da subito: forte è l’influenza del cinema underground e delle nouvelle vague, con inquadrature instabili, montaggio discontinuo e “saltellato”, passaggi fra una scena e l’altra con “flash” di fotogrammi che anticipano le immagini successive (sentita ispirazione ai film di Gregory Markopoulos). Hooper gioca con l’attenzione dell’ignaro spettatore, mostrandogli persino a mezzora dalla conclusione uno scorcio della scena finale. In questo inseguirsi nervoso d’immagini e suoni non manca una forte critica alla società americana, portata sul banco degli imputati dai dialoghi straordinari al lume del focolare fra Billy/Hooper e George/Nicholson e, soprattutto, dalle poche ma lapidarie battute dei personaggi di contorno.
I minuti finali sono sconcertanti, uno scioglimento inaspettato ma significativo che riprende la volontà sperimentatrice del cinema moderno di scioccare lo spettatore, con un passaggio da momenti pacati a risvolti drammatici, in un paio di fotogrammi, assolutamente imprevedibile. Una straordinaria escursione psichedelica e sociale lungo migliaia di chilometri d’asfalto e natura incontaminata, a bordo del sogno americano, alla ricerca della tanto agognata libertà made in USA. Un film, un viaggio che non deve assolutamente mancare nell’esperienza di ognuno di voi.
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Tracy è una ragazzina di tredici anni che vive con la madre Melanie, parrucchiera a domicilio. Trascorre il suo tempo perlopiù a studiare, finché non incontra Evie, una sua coetanea orfana di madre. Le due diventano amiche, ma Evie porterà progressivamente Tracy a compiere tutte quelle esperienze che un genitore vive come un incubo: sesso orale, droghe, alcol, piercing, lap dance e cattive compagnie...
I tredici anni sono nella vita di una donna un momento cruciale e lo sanno bene gli odierni genitori, spaventati dalle insidie a cui sono poste le teenagers: droga, alcool e sesso facile. Non stupisce quindi che il cinema abbia cercato di indagare più volte in questa fase critica dove la donna prende il posto della bambina. Uno dei lavori dedicato al tema più apprezzati dalla critica degli ultimi anni è certamente questo “Thirteen”, opera di esordio di Helen Catherine Hardwicke, ex scenografa e regista del recente fenomeno “Twilight”.
La storia è incentrata attorno alla tredicenne Tracy che, deviata dall’amica Evie, opera un brusco e pericoloso cambiamento di stile nella propria vita. La Hardwicke segue questo processo di trasformazione attraverso uno stile documentaristico, con la telecamera che non sta mai ferma e che si accorda così al tumultuoso stato d’animo della protagonista e di chi le sta attorno. Tale regia aiuta certamente il grado coinvolgimento, ma a tenere vivo l’interesse sono soprattutto le psicologie dei vari personaggi; la sceneggiatura, scritta a quattro mani dalla Hardwicke e da Nikki Reed (che è poi l’attrice che interpretata Evie), offre difatti figure opportunamente sfumate ed anche leggermente indecifrabili, caratteristiche che sono proprie di una parte del mondo degli adolescenti. Ma curati sono anche i profili dei “grandi”, che naturalmente con le loro mancanze non possono non incidere sulla vita dei più giovani: emblematica la mamma di Tracy, incapace di affrontare sua figlia fino al momento in cui la realtà temuta le esplode sotto gli occhi nel toccante finale.
Lo script si fa inoltre apprezzare per la mancanza di eccessi morbosi (mancano di fatto scene atte solo a scioccare lo spettatore), scelta che tiene il narrato a distanza di sicurezza dagli stereotipi e sempre vicino al cuore dei personaggi. Ottime le prove attoriali, che non presentano dislivelli in funzione dell’età: testimonianza di questo sono le nomination ai Golden Globe sia di Holly Hunter che di Evan Rachel Wood, madre e figlia nel film.
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Nel 1952, due giovani argentini, Ernesto Guevara e Alberto Granado, si misero in viaggio per scoprire la vera America Latina. Ernesto, 23 anni, è uno studente in medicina specializzando in leprologia, e Alberto, 29 anni, è un biochimico. Il film segue i due giovani mentre scoprono la complessa e ricca topografia umana del continente latinoamericano.
Il film di Walter Salles (che molti ricorderanno come regista del fortunato Central do Brasil) è una sorta di atipico road-movie, dove il viaggio non simboleggia la fuga dalla realtà o dal quotidiano, ma funge da formazione di una coscienza politica e civile; un'esplorazione avventurosa alla scoperta dell'America latina che permette ai due giovani amici di riappropriarsi delle proprie origini, e di scoprire sé stessi toccando con mano una realtà fatta di povertà, arretratezza, ingiustizie e soprusi storici. Il ritratto dei due giovani amici è struggente anche se a volte ostentatamente "giovanilistico", e l'immagine di Guevara è quella di un giovane inquieto, con un profondo senso della giustizia e dell'onestà ma politicamente ancora privo di formazione, se non di una forma spontaneistica e terzomondista di approccio alla realtà. Questo elemento, che a molti farà storcere la bocca (erroneamente, visto che le riflessioni dei protagonisti, per quanto selezionate, sono tratte dai loro rispettivi libri sull'esperienza) è probabilmente la forza di un film che rifiuta fortunatamente di proporci un'immagine mitizzata ed eroica del rivoluzionario che sarà, illustrando le sue ansie, i suoi dubbi, la sua incompiutezza ed anche la sua malattia polmonare.
Un consiglio: non fuggite dalla sala appena vedete scorrere i titoli di coda, vi perdereste alcune affascinanti e vere foto del viaggio e il vecchio, vissuto viso di Alberto Granado.
..............................................
ohny Truelove, uno spacciatore di droga si scontra con Jake Muzursky, a causa di un debito di droga non pagato, i due personaggi dalla forte personalità entrano in collisione e la situazione precipita velocemente. Dopo una serie di vicende, mentre si dirigono ad una festa nel deserto, Johnny, insieme alla sua banda, rapisce il fratello più giovane di Jake, per ottenere in cambio il pagamento di tutti i debiti. Inizialmente, i ragazzi non hanno alcuna intenzione di far male al quindicenne Zack e lui non ha alcuna coscienza del grave pericolo che sta correndo.
Nick Cassavetes, regista dell'ottimo "John Q", film del 2002 con Denzel Washington, torna dietro la macchina da presa per raccontare un vero fatto di cronaca, l'omicidio di un minorenne, successo pochi anni fa, tanto che alcuni colpevoli del misfatto, tutti adolescenti, soggiornano tuttora nel braccio della morte. Un istant-movie dunque, che attraverso le vicende narrate tocca alcune tematiche piuttosto attuali, come il degrado di una certa fetta di adolescenti occidentali.
Il regista ricostruisce l'accaduto dettagliatamente, come se si stesse leggendo un articolo di cronaca nera. Alla ricostruzione infatti, a dare un taglio quasi documentaristico, vi sono inframezzate alcune interviste post-fattaccio ai testimoni, e alcuni sottotitoli che indicano nomi e cognomi di tutti i protagonisti. Una narrazione quasi didascalica, che è da una parte un limite del film ma dall'altra anche un pregio. Se difatti il racconto manca in alcuni punti di ritmo e di enfasi, con situazioni inutilmente dilungate, la meccanicità con la quale ci conduce all'assurdo e crudo epilogo, sottolinea e amplifica con efficacia la puerilità delle varie motivazioni e situazioni che portano all'efferato gesto. Ed è proprio tal puerilità l'elemento più interessante e sconcertante della pellicola: dietro ai comportamenti dei protagonisti non c'è difatti razionalità o emotività, semplicemente stupidità e incoscienza. D'altronde cosa ci si può aspettare dai rappresentanti di una generazione senza punti di riferimento, che beve e fuma in continuazione, ed è perennemente inconsapevole delle proprie azioni?
Un'opera dunque che sa far pensare e che lascia un forte amaro in bocca, con un'accusa chiara del regista alla leggerezza con cui la società odierna permette alle future generazioni di "vivere" nei più svariati modi, condivisibile ed apprezzabile, e non bacchettona. Buoni i vari interpreti, fra cui un Justin Timberlack che non inficia lo spettacolo, e Sharon Stone e Bruce Willis nei panni di due "tipi" di genitore agli antipodi, parti piccole ma significative.
Assessorato alla Cultura
Associazione Diffusione Musica
Biblioteca Comunale Ceccarelli
Centro Culturale “Gli Antonelli”
Via Roma, 13 - Gatteo
Ingresso gratuito
Info: 0541932377
Dal 5 Novembre al 3 Dicembre
Tutti i Venerdì
ore 20.45
Tutti i Venerdì
ore 20.45
Oltre lo schermo
Rassegna cinematografica per ragazzi
Per ragionare, condividere e approfondire divertendosi tematiche diverse legate al mondo giovanile
“Io la capisco, sai, questa vostra esigenza di autonomia. E’ una cosa sana, una cosa bella. Anche a me, alla vostra età…certe regole…bisogna stare a tavola con i genitori, mamma mia. Mi facevano impazzire!”
(Dal film: “Caterina va in città”)
L'avventura nella capitale della famiglia Iacovoni: Giancarlo è un insegnante di ragioneria animato da propositi di riscossa, che tra le pareti domestiche soffoca di complessi la moglie provinciale Agata e spinge la figlia Caterina a farsi avanti tra le amiche della classe che hanno alle spalle una famiglia rilevante. La ragazzina, col suo spaesamento ed il suo candore, diviene oggetto di contesa e di rivalità tra Margherita e Daniela, la prima figlia di una scrittrice e di un noto intellettuale, la seconda rampolla di un importante esponente dell'attuale governo...
Con "Caterina va in città" il regista di "Ovosodo" e "My name is Tanino", Paolo Virzì, ci porta con Caterina, la giovane protagonista della pellicola, che si trasferisce con la famiglia da Montaldo di Castro a Roma, nella caotica quotidianità della grande capitale, che sconvolgerà sia la sua esistenza che quella dei genitori.
Questa opera del regista toscano, più che un racconto di formazione, è una galleria di preoccupanti personaggi che costellano l'alta borghesia romana. Caterina è lo sguardo neutro e ancora incontaminato con cui osserviamo questa realtà deviata e confusa che sicuramente offre molti spunti comici, ma se si pensa che ciò che viene mostrato ha una certa dose di verosimiglianza ci si deprime velocemente. In una visione forse troppo manichea e forzatamente politicizzata assistiamo prima al rapporto di amicizia fra Caterina e una adolescente "comunista" e poi, da contraltare, alle frequentazioni tra la giovane protagonista ed un gruppo frutto delle viscere di fascisti in fase di rinnegamento. Ovunque si guardi c'è una serie di persone viziate, che hanno perso ogni punto di riferimento e cercano con il lanternino la vera felicità. Ma il trauma vive purtroppo anche all'interno della famiglia "normale" di Caterina, dove abbiamo un padre alla ricerca di un briciolo di celebrità ed una madre anestetizzata ed in balia degli eventi che la circondano.
Virzì esagera nelle caratterizzazioni dei personaggi, ma lo fa volutamente per colpire e per interrogarci con più forza su dove stiamo andando a finire. Il suo film è un'interessante riflessione sulle ultime due generazioni che sembrano aver perso il senso dei valori, abbagliate come sono dalla notorietà (soprattutto televisiva) e da un'esistenza fatta di eccessi. Ottime tutte le interpretazioni, che danno solidità alle contraddizioni che vivono nei vari protagonisti; su tutti brilla Sergio Castellitto, colui che più fa ridere e più dà da pensare.
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Due hippy spacciatori, Billy e Wyatt, viaggiano dalla West alla East Coast a bordo delle loro motociclette, vivendo alla giornata ed incappando in numerose disavventure. Sul loro percorso, i due amici incontreranno diversi personaggi singolari, tra cui un avvocato alcolista che li accompagnerà, per un breve tratto, nella loro avventura.
Quando si parla del road-movie per eccellenza, quando si immagina una colonna sonora in puro stile rock, quando oltre a tutto questo si aggiunge una realtà settantottina, droga e razzismo, ci si imbatte contro il muro di “Easy Rider”, diretto da Dennis Hopper. Una storia scarnificata all’osso viene condita con personaggi di straordinaria bellezza, unici nel loro genere, il tutto messo in viaggio attraverso le bellezze naturali che vanno dall’arida costa californiana sino alla verdeggiante Florida, dove si incontrano individui e realtà spaventosamente reali all’epoca.
Il lavoro di Dennis Hopper (regista e sceneggiatore) e di Peter Fonda (co-sceneggiatore), ai tempi, fu uno schiaffo alle menti del pubblico, un risveglio sotto l’acqua gelida: immagini bombardanti, una cromia in continua evoluzione dal caldo della terra del deserto al nero pece delle lingue di asfalto. L’accompagnamento musicale è fra i più celebri della storia del cinema ed, in certi momenti, allo spettatore, per completare l’opera di totale assuefazione agli straordinari quadri naturalistici, mancherebbe soltanto percepire il vento sul proprio volto, assieme alla terra sotto i propri piedi. L’audacia del giovane Dennis si percepisce sin da subito: forte è l’influenza del cinema underground e delle nouvelle vague, con inquadrature instabili, montaggio discontinuo e “saltellato”, passaggi fra una scena e l’altra con “flash” di fotogrammi che anticipano le immagini successive (sentita ispirazione ai film di Gregory Markopoulos). Hooper gioca con l’attenzione dell’ignaro spettatore, mostrandogli persino a mezzora dalla conclusione uno scorcio della scena finale. In questo inseguirsi nervoso d’immagini e suoni non manca una forte critica alla società americana, portata sul banco degli imputati dai dialoghi straordinari al lume del focolare fra Billy/Hooper e George/Nicholson e, soprattutto, dalle poche ma lapidarie battute dei personaggi di contorno.
I minuti finali sono sconcertanti, uno scioglimento inaspettato ma significativo che riprende la volontà sperimentatrice del cinema moderno di scioccare lo spettatore, con un passaggio da momenti pacati a risvolti drammatici, in un paio di fotogrammi, assolutamente imprevedibile. Una straordinaria escursione psichedelica e sociale lungo migliaia di chilometri d’asfalto e natura incontaminata, a bordo del sogno americano, alla ricerca della tanto agognata libertà made in USA. Un film, un viaggio che non deve assolutamente mancare nell’esperienza di ognuno di voi.
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Tracy è una ragazzina di tredici anni che vive con la madre Melanie, parrucchiera a domicilio. Trascorre il suo tempo perlopiù a studiare, finché non incontra Evie, una sua coetanea orfana di madre. Le due diventano amiche, ma Evie porterà progressivamente Tracy a compiere tutte quelle esperienze che un genitore vive come un incubo: sesso orale, droghe, alcol, piercing, lap dance e cattive compagnie...
I tredici anni sono nella vita di una donna un momento cruciale e lo sanno bene gli odierni genitori, spaventati dalle insidie a cui sono poste le teenagers: droga, alcool e sesso facile. Non stupisce quindi che il cinema abbia cercato di indagare più volte in questa fase critica dove la donna prende il posto della bambina. Uno dei lavori dedicato al tema più apprezzati dalla critica degli ultimi anni è certamente questo “Thirteen”, opera di esordio di Helen Catherine Hardwicke, ex scenografa e regista del recente fenomeno “Twilight”.
La storia è incentrata attorno alla tredicenne Tracy che, deviata dall’amica Evie, opera un brusco e pericoloso cambiamento di stile nella propria vita. La Hardwicke segue questo processo di trasformazione attraverso uno stile documentaristico, con la telecamera che non sta mai ferma e che si accorda così al tumultuoso stato d’animo della protagonista e di chi le sta attorno. Tale regia aiuta certamente il grado coinvolgimento, ma a tenere vivo l’interesse sono soprattutto le psicologie dei vari personaggi; la sceneggiatura, scritta a quattro mani dalla Hardwicke e da Nikki Reed (che è poi l’attrice che interpretata Evie), offre difatti figure opportunamente sfumate ed anche leggermente indecifrabili, caratteristiche che sono proprie di una parte del mondo degli adolescenti. Ma curati sono anche i profili dei “grandi”, che naturalmente con le loro mancanze non possono non incidere sulla vita dei più giovani: emblematica la mamma di Tracy, incapace di affrontare sua figlia fino al momento in cui la realtà temuta le esplode sotto gli occhi nel toccante finale.
Lo script si fa inoltre apprezzare per la mancanza di eccessi morbosi (mancano di fatto scene atte solo a scioccare lo spettatore), scelta che tiene il narrato a distanza di sicurezza dagli stereotipi e sempre vicino al cuore dei personaggi. Ottime le prove attoriali, che non presentano dislivelli in funzione dell’età: testimonianza di questo sono le nomination ai Golden Globe sia di Holly Hunter che di Evan Rachel Wood, madre e figlia nel film.
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Nel 1952, due giovani argentini, Ernesto Guevara e Alberto Granado, si misero in viaggio per scoprire la vera America Latina. Ernesto, 23 anni, è uno studente in medicina specializzando in leprologia, e Alberto, 29 anni, è un biochimico. Il film segue i due giovani mentre scoprono la complessa e ricca topografia umana del continente latinoamericano.
Il film di Walter Salles (che molti ricorderanno come regista del fortunato Central do Brasil) è una sorta di atipico road-movie, dove il viaggio non simboleggia la fuga dalla realtà o dal quotidiano, ma funge da formazione di una coscienza politica e civile; un'esplorazione avventurosa alla scoperta dell'America latina che permette ai due giovani amici di riappropriarsi delle proprie origini, e di scoprire sé stessi toccando con mano una realtà fatta di povertà, arretratezza, ingiustizie e soprusi storici. Il ritratto dei due giovani amici è struggente anche se a volte ostentatamente "giovanilistico", e l'immagine di Guevara è quella di un giovane inquieto, con un profondo senso della giustizia e dell'onestà ma politicamente ancora privo di formazione, se non di una forma spontaneistica e terzomondista di approccio alla realtà. Questo elemento, che a molti farà storcere la bocca (erroneamente, visto che le riflessioni dei protagonisti, per quanto selezionate, sono tratte dai loro rispettivi libri sull'esperienza) è probabilmente la forza di un film che rifiuta fortunatamente di proporci un'immagine mitizzata ed eroica del rivoluzionario che sarà, illustrando le sue ansie, i suoi dubbi, la sua incompiutezza ed anche la sua malattia polmonare.
Un consiglio: non fuggite dalla sala appena vedete scorrere i titoli di coda, vi perdereste alcune affascinanti e vere foto del viaggio e il vecchio, vissuto viso di Alberto Granado.
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ohny Truelove, uno spacciatore di droga si scontra con Jake Muzursky, a causa di un debito di droga non pagato, i due personaggi dalla forte personalità entrano in collisione e la situazione precipita velocemente. Dopo una serie di vicende, mentre si dirigono ad una festa nel deserto, Johnny, insieme alla sua banda, rapisce il fratello più giovane di Jake, per ottenere in cambio il pagamento di tutti i debiti. Inizialmente, i ragazzi non hanno alcuna intenzione di far male al quindicenne Zack e lui non ha alcuna coscienza del grave pericolo che sta correndo.
Nick Cassavetes, regista dell'ottimo "John Q", film del 2002 con Denzel Washington, torna dietro la macchina da presa per raccontare un vero fatto di cronaca, l'omicidio di un minorenne, successo pochi anni fa, tanto che alcuni colpevoli del misfatto, tutti adolescenti, soggiornano tuttora nel braccio della morte. Un istant-movie dunque, che attraverso le vicende narrate tocca alcune tematiche piuttosto attuali, come il degrado di una certa fetta di adolescenti occidentali.
Il regista ricostruisce l'accaduto dettagliatamente, come se si stesse leggendo un articolo di cronaca nera. Alla ricostruzione infatti, a dare un taglio quasi documentaristico, vi sono inframezzate alcune interviste post-fattaccio ai testimoni, e alcuni sottotitoli che indicano nomi e cognomi di tutti i protagonisti. Una narrazione quasi didascalica, che è da una parte un limite del film ma dall'altra anche un pregio. Se difatti il racconto manca in alcuni punti di ritmo e di enfasi, con situazioni inutilmente dilungate, la meccanicità con la quale ci conduce all'assurdo e crudo epilogo, sottolinea e amplifica con efficacia la puerilità delle varie motivazioni e situazioni che portano all'efferato gesto. Ed è proprio tal puerilità l'elemento più interessante e sconcertante della pellicola: dietro ai comportamenti dei protagonisti non c'è difatti razionalità o emotività, semplicemente stupidità e incoscienza. D'altronde cosa ci si può aspettare dai rappresentanti di una generazione senza punti di riferimento, che beve e fuma in continuazione, ed è perennemente inconsapevole delle proprie azioni?
Un'opera dunque che sa far pensare e che lascia un forte amaro in bocca, con un'accusa chiara del regista alla leggerezza con cui la società odierna permette alle future generazioni di "vivere" nei più svariati modi, condivisibile ed apprezzabile, e non bacchettona. Buoni i vari interpreti, fra cui un Justin Timberlack che non inficia lo spettacolo, e Sharon Stone e Bruce Willis nei panni di due "tipi" di genitore agli antipodi, parti piccole ma significative.
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