martedì 21 aprile 2009

Vincitori al FORUM DELLA FILOSOFIA gli studenti della IV b, Liceo Scientifico M.Curie di Savignano

IL FORUM DELLA FILOSOFIA Anno Scolastico 2008/2009
Istituto Superiore "M Curie" - Savignano sul Rubicone (FC)
Referente: Prof. Sabrina Fattori
Classe partecipante al concorso: IV B (p.N.I.)
Relatori: Luca Astolfi e Leonardo Nini

De Scientiae ltineribus
Tutti gli uomini per natura tendono al sapere...
perché si sentono pieni di stupore e di meraviglia.

Sulla base di questo principio nel IV secolo a.C. Aristotele costruisce la sua Metafisica in quanto lo stupore e la meraviglia sono da sempre le radici della conoscenza. Sono questi i sentimenti che hanno spinto l'uomo ad interrogarsi sulla propria esistenza e sul proprio rapporto con il mondo circostante. Da qui nacque la filosofia: «fra tutte le scienze, (...) la più divina e la più degna di onore» .
All'epoca, infatti, si riteneva che la filosofia fosse l'unica forma di conoscenza in grado di raggiungere la Verità riconducendo "a sé tutte le altre forme del sapere. La filosofia e la scienza sono in questa prospettiva due facce della continua e inarrestabile ricerca della Verità.
Nell'età moderna la "rivoluzione scientifica" sembra però imporre un criterio di verità che, già professato dai grandi filosofi classici, era stato poi sepolto dall'ottuso dogmatismo degli epigoni. L'esigenza di sottoporre a esame critico ogni affermazione che ambisca a presentarsi come vera innalza la libertà di pensiero al rango di supremo valore intellettuale, mentre l'indagine razionale sui dati dell'esperienza diviene l'unica garanzia di una verità che si impone per la sua intrinseca evidenza e non per la coercizione di un potere oscurantista, interessato a servirsene per soggiogare gli intelletti e i corpi.
Ed è proprio in questo periodo che prendono forma due posizioni filosofiche che caratterizzeranno la conoscenza nel suo sviluppo temporale: empirismo e razionalismo. Gli empiristi a partire da Locke, Barkley e Hume ritengono che la conoscenza della realtà naturale si basi sull'esperienza sensibile, negando quindi l'esistenza di quelle idee innate tanto care a Platone, utilizzando un metodo induttivo sintetico. Al contrario, i razionalisti con Cartesio, Spinoza e Leibniz partono dal presupposto che la mente abbia in sé i fondamenti della verità delle idee, indipendentemente dall'esperienza utilizzando un metodo deduttivo analitico.
Galileo Galilei, da molti riconosciuto come il padre della scienza moderna, utilizzando entrambi gli approcci, indicò quello che tuttora è il metodo scientifico, ovvero la serie di processi che lo scienziato deve attuare per giungere alla formulazione di una legge scientifica necessariamente basata su sensate esperienze che si intrecciano con necessarie dimostrazioni, in cui l'induzione e la deduzione sono due momenti fondamentali per giungere alla conoscenza della realtà naturale.
Ma è lecito affermare che la scienza nacque nel Seicento?
Già Aristotele parlava di scienza, anche se con un significato ben diverso da quello attuale. Infatti la fisica in Aristotele era piuttosto una filosofia della natura. È interessante però notare come per il filosofo greco la conoscenza umana si basi sull'esperienza. Fin dalla nascita della filosofia è presente la ricerca di un principio o causa prima da cui deriva il mondo reale. Aristotele partì dalle osservazioni compiute per arrivare ad affermare l'esistenza di un qualcosa di metafisico, trascendente dalla realtà e da cui essa derivava il Motore Immobile.
La contrapposizione fra trascendente ed immanente si protrarrà durante tutto il medioevo assumendo accenti particolari nell'ambito della disputa filosofica sul rapporto fede-ragione. Fra i sostenitori delle ragioni della fede, Anselmo D'Aosta sostenne che per arrivare alla conoscenza fosse necessario partire da una fede cieca e incrollabile richiamandosi al pensiero platonico. Tommaso D'Aquino, schierandosi con gli aristotelici, sostenne invece la possibilità di ricercare nel mondo sensibile le prove dell'esistenza di Dio.
Il dualismo fede-ragione degenerò in un conflitto ben più drammatico di un semplice dibattito fra intellettuali: questo contrasto senza tempo ebbe infatti il suo spannung durante il secolo XVII a seguito della rivoluzione scientifica. L'epicentro di tale conflitto viene comunemente ricondotto al confronto fra la Chiesa e Galileo Galilei. Il famoso scienziato pisano fu perseguitato e costretto a rinunciare alle proprie teorie, o almeno alla veridicità di esse. Difatti, durante il processo inquisitorio, il cardinale Roberto Bellarmino inviò una missiva rassicurante a Papa Paolo V, con la quale veniva resa "innocua" la teoria di Galilei. Il cardinale sosteneva che il sistema copernicano, professato dallo studioso italiano, non fosse altro che una visione strumentale dell 'universo atta unicamente a semplificare i calcoli dei matematici in base alle osservazioni compiute, senza la pretesa di essere una descrizione reale del mondo. Ciò non era in contraddizione con le sacre scritture. In questo modo, dal filone teologico e metafisico si originò una corrente filosofica detta strumentalismo. Questa corrente di pensiero, "inaugurata" da Bellarmino e sostenuta da altri illustri filosofi come Osiander e il vescovo Berkeley, proponeva una visione della scienza, e in particolare della fisica, come "creatrice" di teorie e sistemi atti unicamente a semplificare calcoli matematici in rapporto alle osservazioni effettuate. Lo strumentalismo venne in seguito ostacolato dagli illuministi impegnati a combattere qualunque forma di dogmatismo che costringeva l'uomo a uno stato di "minorità intellettuale".
Lo strumentalismo secondo il filosofo Karl Popper ha comunque: «vinto la sua battaglia senza sparare un solo colpo. [...] Il punto di vista strumentalistico è diventato un dogma indiscusso». Dopo la comparsa, infatti, di teorie, come la relatività o la meccanica quantistica, che hanno letteralmente gettato al vento leggi che sembravano ormai indiscutibili, gran parte dei fisici ha abbracciato, forse come segno di resa di fronte alle nuove difficoltà, la teoria strumentalista. Ma quali conseguenze porterebbe con sé una vittoria totale dello strumentalismo? Non si rischierebbe forse di minare la scienza e la fisica, ma anche la stessa filosofia, dalle fondamenta? Se le parole di Popper corrispondessero alla realtà, ad oggi la massima aspirazione di uno scienziato dovrebbe essere quella di stabilire efficaci modelli matematici sulla base del mondo reale, senza alcuna speranza di poter comprendere appieno la realtà. Lo strumentalismo però non può e non deve diventare un dogma insuperabile. Lo stesso Popper si poneva in modo dialettico dinanzi alla diarchia strumentismo vs essenzialismo: «dovrò discutere e criticare due punti di vista della conoscenza umana: l'essenzialismo e lo strumentalismo, ad essi opporrò quello che chiamo "terzo punto di vista", cioè quello che rimane del punto di vista di Galileo».
Posto che lo scienziato e il filosofo cerchino fin dall'antichità una spiegazione del mondo fenomenico, non si può tuttavia dedurre, e qui seguiamo ancora una volta la teoria popperiana, che egli sia in grado di trovare suddetta spiegazione con la pretesa che essa sia certa o universale.
A questo proposito, Norberto Bobbio pensava che «per dare risposte globali bisognerebbe padroneggiare tutte le conoscenze particolari prodotte dalle ricerche scientifiche in questi ultimi 200 anni: (...) il che non è possibile ad alcuna mente umana per quanto possente [...] Oggi tanto più sappiamo, tanto meno sappiamo». Se dunque secoli fa poteva sembrare plausibile una risposta globale sulla Verità data dalla filosofia razionalistica e metafisica, ad oggi queste risposte appaiono sempre meno realistiche poiché si mostra sempre più evidente che sia impossibile a qualunque uomo la conoscenza totale. E nemmeno l'opera di generazioni e generazioni di scienziati può darci la certezza su qualunque teoria fisica, poiché «guai a noi se aspettassimo una risposta definitiva dalla scienza: si ricadrebbe nello scientismo di tipo positivistico con conseguenze (...) come l'universo tecnocratico» .
La scienza però, forte del carattere complementare delle sue numerose branche ognuna finalizzata allo studio di un diverso aspetto della stessa realtà, si è conquistata il primato su altre forme di conoscenza di tipo metafisico e teologico che l'hanno preceduta. La scienza è considerata affidabile in quanto capace di autocorreggersi e di «procedere per funerali» in modo da risultatare priva di contraddizioni e mai definitiva. La conoscenza però essendo composita non può essere esaurita del tutto e vi sono aspetti di questa che evidenziano come la scienza sia limitata e impossibilitata a cogliere le varie sfaccettature. Questo in quanto la scienza non è applicabile alla dimensione interiore dell'uomo e non è in grado di emularla (basti pensare, per esempio, ai risultati insoddisfacenti delle ricerche svolte nel campo dell'intelligenza artificiale). Ma l'uomo può, anzi deve, conoscere se stesso e spingersi oltre a ciò che lo circonda, per non perdere la propria identità in una società tecnologizzata, servendosi non solo della scienza quindi ma soprattutto della filosofia. Poiché la scienza come la conoscenza storica si limitano allo studio, rispettivamente, della realtà apparente e degli avvenimenti storici, si può quindi dedurre che è possibile raggiungere una conoscenza umanamente completa solo grazie alla filosofia, poichè è questa che studia ciò che risiede oltre la fenomenicità percorrendo la via logico-trascendentale fino a giungere ad una elaborazione etica­.
Ma la filosofia, come si è già affermato, e con essa la scienza, nascono dalla stupore a dalla conseguente ricerca della verità, una ricerca che probabilmente non arriverà mai al suo compimento, ma che tuttavia merita di essere intrapresa: «non sono alla portata della mente umana le grandi risposte, Tali sono soltanto le grandi domande»'. Ed è proprio da queste
domande che nasce guella ricerca della Verità di cui si è lungamente discusso. La filosofia deve costantemente tenere vive queste domande, deve indurre l'uomo a non accettare ciecamente alcuna teoria, a non porre limiti alla sua capacità critica, ma a sottoporre ogni ipotesi al "vaglio della ragione" .
È compito della filosofia dunque ricordare sempre all'umanità che non ha raggiunto il suo punto di arrivo, che non ha raggiunto la piena conoscenza, ma che è necessario continuare a sperare, a sognare, qualcosa di più grande: «nessuna strada ha mai condotto nessuna carovana a raggiungere il suo miraggio, ma solo i miraggi hanno messo in moto le carovane». Questa citazione di Henry Desroche può riassumere metaforicamente il concetto in quanto nessuna forma di sapere ha mai portato l'uomo e probabilmente mai lo porterà alla verità assoluta. Ma è sulla strada della verità che l'uomo è cresciuto e si è evoluto.


Riferimenti bibliografici

N. Abbagnano, Dizionario di Filosqfìa (la voce) Conoscenza, scienza e nuova scienza, Utet,Torino,2001.
E. Agazzi, Le rivoluzioni scientifiche, Homo Sapiens, Novara, 2008.
Aristotele, Metafisica, (traduzione di) G. Reale, Rusconi, Milano, 1978.
M. Baldini, Gli scienziati e i filosofi del '600, Aremando, Roma, 2001.
N. Bobbio, Che cosa fanno oggi i filoso.fì. Bompiani, Milano, 1982.
S. Righini, A. Vannucci, Interroghiamo i filosofi, Canova, Padova, 2008.
I. McEwan «Vero per insufficienza di prove» in Il Sole 24 Ore, 18-01-2009.
T. Kuhn, La struttura delle rivoluzioni scientifiche, Einaudi, Torino, 2006.
K. R. Popper, Scienza e Filosofia, Einaudi, Torino, 2007.
K. R. Popper, Lo scopo della scienza, Armando, Roma, 2000.
K. R. Popper, Il gioco della scienza, Armando, Roma, 1987.
K. R. Popper, La scienza e i suoi amici, Armando, Roma, 2000.
K. R. Popper, La mia filosofia. Armando, Roma, 1987.
P. Rossi, La rivoluzione scientifica, Loescher, Torino, 1999."

Quando ho letto la rielaborazione di questa dissertazione, ho fatto la marcia a ritroso, rammentando decine, se non centinaia di libri letti-studiati sulla filosofia che non mi hanno chiarito nulla, anzi, destato scompiglio e altre domande ancora...
Ma mi hanno fatto preferire Locke e Berkeley, poi Nietzsche e Leopardi come asseritori della mia propria filosofia di vita...anche se Hawking mi attrae tantissimo /a proposito; sta molto male!/
Ora ho visto dei ragazzi come Dennis Faedi e Leonardo Nini a discutere via internet su come impostare la questione...ore e ore di dispute e correzioni. Chissà se oltre alla vincità di questo Forum tenutosi oggi a Faenza, chissà allora se gli ha chiarito qualche interrogativo o solamente sollevato altri infiniti perchè e percome?

Complimenti per la vincita ragazzi!!! Sia pur mancasse Kant e Leopardi.
AUGURI PER IL FINALE!
Non si può filosofare sulla scienza!!!

Strada facendo, ad un certo punto, la parte della filosofia ch'era interessata ad analizzare la natura ha trovato un metodo migliore rispetto al precedente, e per quell'aspetto ha iniziato ad impiegarlo. /equazioni e misure/
Storicamente, è successo poi che i filosofi della natura, rinnegando le loro origini e, in qual modo, dimenticando le ragioni della loro indagine, avrebbero rinnegato la filosofia e sarebbero diventati così esclusivamente scienziati. Da un lato ciò è necessario perché l'attuale estensione del sapere richiede una notevole specializzazione ma, dall'altro, è assurdo se non addirittura grottesco tentare di ridurre la filosofia a ricerca scientifica; non lo è, e in ciò consiste il suo valore.

Scrive Nardelli:
"Le espressioni del pensiero di ogni tempo, dalla letteratura, alla filosofia, alla poesia, all'arte, alla religione si sono occupate in modi diversi dell’anima e della sua immortalità, cercando di configurare l'Eden. Soltanto la scienza, che si occupa di fenomeni e di realtà concrete, ritenendo questi temi e quest’Ente immaginario estranei alla propria investigazione, si è disinteressato di essi.
Ente, inteso come ideale, non è estraneo al pensiero scientifico che investiga il come, ma si pone innanzitutto il quesito del perché, ed in tal senso cerca il fine ossia l'ideale che governa il fenomenico.
Secondo i moderni filosofi della scienza il progresso scientifico si articola in due momenti: ipotesi e verifica, dove il primo contiene in sé i germi del perchè e quindi del finalismo, ossia dell'ideale.
Tutte le teorie filosofiche e matematiche consistono nella verifica della coerenza delle proprie argomentazioni con i loro postulati, generalmente numerosi, particolari e contingenti. Il merito di Galilei e quindi il successo della scienza è quello di aver identificato, nella verifica sperimentale, la validità stessa dell’unico postulato generale: le leggi della natura, quello che ha governato l’evoluzione dell’universo, ipotizzando, però, di conoscere tali leggi.
La cultura umanistica ha reso sterile ed astratta la sua indagine, perché in 3000 anni non ha modificato la qualità della vita dell’uomo, mentre la scienza, in mezzo secolo, fra l'altro, ne ha aumentato notevolmente la durata e migliorato la qualità.
L'elevato livello del pensiero scientifico, attestato dai continui e prodigiosi risultati supera, nei fatti, la discriminazione anacronistica galileiana fra cultura umanistica e quella razionale, che hanno oggi in comune l'ideale, ossia la ricerca del perché. E' bene quindi che la scienza raccolga il testimone dagli umanisti ed inizi ad occuparsi concretamente di settori culturali un tempo seguiti vagamente da altre espressioni del pensiero, avendo essa già superato, con l'elettrofisiologia cerebrale, la psiconeuroimmunologia, la fisica teorica e la meccanica quantistica, il confine che la separava dalla filosofia.
Virgilio, nel quarto libro delle Georgiche, descrive il comportamento delle api, come quello di tutti gli animali, il quale è perfettamente uguale a quello dei nostri giorni ed evidenzia, quindi l'assenza di evoluzione nel regno animale.
Al contrario, in particolare durante gli ultimi 2000 anni, la civiltà è progredita grazie alla trasmissione dell'informazione da una generazione a quelle successive, alla capacità di elaborazione dell'informazione e alla ricerca e scoperta della finalità del messaggio evolutivo.
Gli stessi fattori presiedono anche allo sviluppo del singolo uomo. Egli è, infatti, mosso dalle pulsioni del dominio dell'innato insieme a quelle del dominio dell'appreso, dalla capacità di elaborazione dell'informazione, la quale causa, a sua volta, l'estensione del dominio dell'appreso a spese di quello dell'innato e dall’intuizione di poter porsi un ideale, cioè di chiedersi il perché dell'evoluzione, che l'aiuta poi nella ricerca del come realizzarla.
Si cercherà qui di dimostrare che lo sviluppo ed il fine dell’uomo (il paradiso) sono la risultante del coordinamento dei tre fattori: informazione, elaborazione ed ideale. ..


Per concludere, vi consiglio la lettura di una lezione di filosofia:
LA BARBA DI PLATONE E I CONTI DI EINSTEIN

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