Buona sera a tutti.
È molto difficile e molto bello prendere la parola qui stasera e la prima parola è un grazie di cuore a tutte e tutti. Grazie Gianni Pittella che ha combattuto una battaglia molto bella, un grazie a Pippo Civati, un grazie particolare e dal cuore a Gianni Cuperlo a qui vorrei che dedicassimo un applauso.
Se c’è una persona con cui ho voglia di discutere e dialogare per me quello è Cuperlo.
Decine di migliaia di persone si sono riunite per il Vaffaday, oggi milioni di persone si sono riunite per fare delle proposte. Gli italiani che sono andati a votare a questo giro hanno avuto un bel coraggio, fidarsi è un gesto innaturale, è un gesto molto difficile. Affidarsi a una classe politica che ha dimostrato di non saper cogliere le istanze che il paese chiedeva è qualcosa che deve far riflettere.
Il tempo che dobbiamo mettere a disposizione del cambiamento è finito. Non ci hanno dato soltanto due euro, ci hanno dato l’idea che si possa ancora credere nella cosa pubblica e di questo risultato il merito è vostro.
Stasera non sono orgoglioso né di me, né per me. Sono orgoglioso di voi per mille motivi, mi sono chiari i limiti, i difetti e le mancanze personali. Sono consapevole che c’è tanto lavoro da fare, se mi avete dato la fascia di capitano, io non farò passare giorno senza lottare su ogni pallone.
Ma oggi sono orgoglioso di voi, per ogni volantino che avete distribuito in questa campagna elettorale.
Tocca a una nuova generazione, che non farà a meno di una generazione più esperta. Tocca a noi guidare la macchina, tocca a noi che andavamo alle medie quando cadeva il muro di Berlino, tocca a noi che siamo cresciuti cittadini globali di un mondo orfano della politica. Siamo cresciuti in un mondo dove le istituzioni internazionali non c’erano.
Ci siamo resi conto che tocca a noi, perché abbiamo conosciuto l’euro e non l’Europa, che abbiamo lasciato in mano ai burocrati. Tocca a noi e siamo qui per dire che non ci tiriamo indietro, useremo dei metodi un po’ spicci, ma non confondete l’ambizione di cambiare l’Italia con l’ambizione di cambiare un ministro o un governo.
Questo tema è secondario rispetto al fatto che noi apparteniamo a una generazione che pensa che l’Italia sia la bella addormentata.
Abbiamo il paese più bello del mondo, la classe imprenditoriale migliore, insegnanti e ricercatori appassionati, ma abbiamo la peggiore classe dirigente che gli ultimi trent’anni abbiano conosciuto.
Beppe Grillo ha detto ‘ci sono 148 parlamentari illegittimi perché sono frutto del premio di maggioranza’, qualcuno gli spieghi che se la legge è incostituzionale anche i suoi sono illegittimi.
Vogliamo tagliare i costi della politica, superare il bicameralismo, senza il Senato, senza le province, senza che si umili il carattere fondamentale del fare politica.
Non ci sarà un’altra occasione di cambiare le cose, questa è l’ultima.
Dobbiamo dire che possiamo essere riformisti ma non noiosi. Non solo i progetti massimalisti possono scaldare il cuore, si può dare un’anima al riformismo.
Io credo che oggi coniugare il riformismo con la capacità di appassionare le persone significa scaldare i cuori.
Non è la fine della sinistra, è la fine di questa classe dirigente della sinistra. Stiamo cambiando i giocatori.
Non basta più sentirsi raccontare quanto è stata bella la loro storia, è il momento di scrivere la nostra storia. Abbiamo garantito solo chi ha garantito, abbiamo parlato di lavoro organizzando i più grandi convegni, ma alla fine la disoccupazione è aumentata e il ceto medio è in difficoltà.
Non dobbiamo respingere chi sta fuori dal partito, in un paese civile non deve bastare l’iscrizione a un sindacato per fare carriera e anche il sindacato deve cambiare con noi.
Il gruppo dirigente che da domani guiderà il Pd non deve dire di sì al capo, ma tenere la schiena dritta. Apprezzo di più chi dice la cosa che pensa che chi si nasconde dietro le correnti. E la corrente dei renziani, se mai è esistita, è ufficialmente sciolta.
Si può essere di sinistra anche dicendo che carriera non è una parolaccia. Per combattere la povertà non servono le manifestazione, serve creare ricchezza e creare valori. La parola scuola e la parola cultura non sono dei costi, sono degli investimenti.
Abbiamo la cultura in mano a una struttura ottocentesca, non può basarsi sul sistema delle sovrintendenze. Se premiamo gli insegnanti con il merito lo facciamo per premiare gli insegnati più bravi, non per penalizzare gli altri.
Essere di sinistra non è solo parlare di green economy, è di sinistra abbassare le tasse e dare garanzie a chi non le ha mai avute, non a chi ce le ha già.
L’Italia e anche il Pd si sono abituati a essere piccoli, ha rimpicciolire le speranze.
Ci viene chiesto di essere drammaticamente concreti, ma anche di tornare a riprenderci il futuro, a non vederlo più come una minaccia. L’idea di poter finalmente cambiare verso e far passare il messaggio che la politica cambia qualcosa.
La politica oggi non mette bocca sulla legge elettorale, non mette bocca sul bilancio, non mette bocca sulla sperimentazione. Sono segni evidenti di una impotenza della politica. Vorrei che questa sera andassimo a casa sapendo che il nostro modo di giocare, con simpatia ed entusiasmo, con la consapevolezza che nessuno di noi è indipensabile ma che ognuno di noi ha scritto una storia bella.
A noi il compito di realizzare il sogno. Il meglio deve ancora venire da domani ci divertiamo insieme.
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